il foglio sportivo
Patrese: “E' un miracolo essere ancora vivo”
L'ex pilota automobilistico si racconta tra nemici, balli con la principessa Grace e assi come Senna e Schumi
Riccardo Patrese questa volta ha fatto la scelta giusta. Ha affidato le sue memorie a un numero uno come Giorgio Terruzzi e ne è uscito un libro gustoso, pieno di curiosità. F1 Bakstage non è la classica autobiografia, è un racconto sincero della sua vita da corsa, dove Riccardo confessa anche alcune scelte sbagliate (quel no alla Williams ad esempio) e non nasconde le antipatie (giustificate) che ha provato per certi colleghi piloti, gente di peso come Niki Lauda (lite poi ricomposta) o James Hunt. Bernie Ecclestone provò a fargli fare la pace con l’inglese. Inutilmente. ”Hunt rimase fermo sulle solite posizioni – scrive Patrese – “Non devo scusarmi affatto, quello che dico è ciò che penso”, mi disse. Al che mi rivolsi a Ecclestone: “Bernie, non preoccuparti”. Per poi guardare Hunt negli occhi: “James, fuck off”. Non serve tradurre, vero? Fine delle nostre relazioni”.
Spiega anche perché ad un certo punto si è chiuso a riccio facendo la parte dell’antipatico, quando antipatico poi non lo è mai stato. D’altra parte non tutti sono finiti sotto processo in tribunale per un incidente come gli capitò dopo la morte di Ronnie Peterson a Monza. Non aveva colpe e in tribunale fu costretto a sentirne di ogni, anche da parte di chi, come Arturo Merzario, considerava un amico. I suoi colleghi, capitanati proprio da Lauda e Hunt, arrivarono a chiedere alla Federazione di non farlo correre in America. Ecclestone, che era il suo team principal, lo convinse a restare fermo.
“Ho compiuto da poco settant’anni. Non ho rimpianti, credo di essere stato privilegiato e fortunato per molte ragioni, nella mia vita privata, nella mia avventura professionale. Sono sereno e, soprattutto, sono vivo. Ogni tanto, guardando indietro, mi pare un miracolo perché le corse sono pericolose e, in epoche diverse da questa, lo sono state ancora di più, quando la sicurezza delle macchine, dei circuiti era ben meno presente”. Riccardo ha corso in Formula 1 dal 1977 al 1993, 256 gran premi, 6 vittorie e un secondo posto nel Mondiale 1992. “Il mio primo compagno di squadra, in Formula 1, è stato Alan Jones, campione del mondo 1980 con la Williams; l’ultimo è stato Michael Schumacher, che di titoli mondiali ne avrebbe vinti sette. In mezzo corrono diciassette anni di gare”.
Riccardo Patrese era uno che voleva sempre vincere. Una qualità che lo accompagna da quando ha cominciato a confrontarsi con i suoi amichetti sulla spiaggia: “Ero un bambino che se si metteva a giocare a biglie sulla sabbia in riva al mare, per dire, cercava di vincere. Arrivare secondo mi dava fastidio. Evidentemente nel mio carattere ha sempre trovato spazio un’ambizione, una determinazione. Qualsiasi cosa facessi, cercavo di applicarmi al meglio delle mie possibilità”. Lo ha fatto sugli sci, a cavallo, al volante. Un qualcosa che ha trasmesso al suo ultimo figlio, Lorenzo che a 19 anni corre nel campionato GT. Poi qualche volta gli è capitato di scontrarsi con chi era proprio come lui. Come quella volta in Ungheria con Senna che ritrovò sul podio dopo un incontro piuttosto ravvicinato al via. Al che gli disse: “Oh, Ayrton, hai fatto una manovra folle in partenza, e mi hai fregato due volte”. E lui: “Eh sì, ma questo è racing, le corse sono così”. Com e per dire: di cosa ti lamenti? Un atteggiamento accettabilissimo, perché insomma, eravamo tutti sul genere occhio per occhio dente per dente”. Un’altra Formula 1. Non c’era l’abitudine di lamentarsi via radio della manovra di un avversario. I regolamenti di conti arrivavano direttamente in pista. Tanto che Riccardo disse ad Ayrton “Allora la prossima volta, visto che parliamo di racing, se posso, restituisco”.
La sua carriera da corsa è stata piena di incontri che vale la pena raccontare. Come quello con la Principessa Grace di Monaco, la sera della sua vittoria al Gran premio di Monte Carlo del 1982. La sera, come da tradizione, dovette presentarsi in smoking alla cerimonia. Il primo problema fu quando gli dissero che la sua compagna non poteva sedersi al tavolo reale perché non era la moglie. Durò poco perché poi la ragazza si ingelosì per colpa di Carolina di Monaco e la sera stessa finì tutto. Ma il vero ostacolo fu il ballo. “Panico. Un valzer? Nessuno mi aveva avvisato, preparato. Mi guardo attorno in cerca di un aiuto che non può arrivare. Cosa faccio adesso? Valzer: un universo ignoto. Sto per fare una figura disastrosa. È questione di attimi e in un attimo, infatti, la principessa
Grace capisce tutto, mi osserva, comprende il terrore che mi paralizza, si avvicina e sussurra: “Riccardo, calma, no problem. Vieni con me, questa sera guido io”. Sorridente, gentilissima”. Niente male come ricordo.
F1 Backstage è il libro scritto con Giorgio Terruzzi e pubblicato da Rizzoli che racconta la carriera di Riccardo Patrese. Il 2 ottobre alle 18.30 sarà presentato alla Libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
In 17 anni di Formula 1 ha gareggiato con tanti super campioni. Qualche parere sparso, tanto per capire: “Prost aveva molto talento, ovviamente. Ma non ho mai pensato a lui come a un pilota capace di fare davvero la differenza guidando, come potevano fare Senna e Schumacher, gli unici due campioni in grado di prevalere anche con macchine non proprio dominanti. Ayrton e Michael sono i soli piloti, visti da vicino, forti al punto di compiere qualcosa di davvero inatteso, speciale”. Ayrton lo aveva davvero colpito: “Ayrton era un campione e una persona davvero indimenticabili. E, per molti versi, impressionanti. Lo dico da avversario, visto che non siamo mai stati compagni di squadra. Quando arrivò in Formula 1, beh, accadde qualcosa. Senna… bastava poco per avvertire una sensazione particolare perché, se fai questo mestiere, fiuti prima di vedere e capire esattamente chi hai di fronte. Ma sì, fiuti un profumo particolare, non so come spiegarlo a parole. Avverti che quello lì… ha dentro qualcosa di speciale, un tocco, una scheggia di talento in più, un’attitudine misteriosa”. La Williams gli offrì la monoposto che era stata di Ayrton dopo la tragedia di Imola. Ma Riccardo non se la sentì. E lo confessò all’amico Ercole Colombo al telefono, ancora prima di dirlo a Frank: “Chiudo con la Formula 1 definitivamente perché sto troppo male per ciò che è successo a Senna. Comincio ad avere troppi dubbi e quando è così meglio smettere”. E ricominciare a vivere.