Juve-Napoli

L'addio di Szczęsny al calcio

Alberto Galimberti

L'Allianz Stadium prima della partita tra bianconeri e azzurri ha tributato al portiere un commosso saluto. "Grazie per l'amore che mi avete dimostrato", ha risposto il calciatore giunto alla sua 252 esima presenza con i colori del club di Torino

Prima del fischio di inizio di Juventus-Napoli, l’Allianz Stadium ha tributato un commosso saluto al portiere polacco, Wojciech Szczęsny, giunto ai titoli di coda della propria carriera. È stato un addio sobrio, lungo una manciata di minuti, concordato tra club e giocatore nelle scorse settimane. Invocato dallo speaker, dopo aver sfilato tra due ali di bambini, l’estremo difensore ha rivolto a braccio un ringraziamento al popolo bianconero; la voce incrinata da un filo d’emozione: «Grazie mille a tutti, vi ringrazio per sette anni di amore dimostrato, ma soprattutto per quello dimostrato nell’ultimo mese. Proprio nell’ultimo mese mi avete fatto sentire rispettato e amato, sapendo che non avrei più potuto ripagarvi con le parate. Mi avete fatto sentire a casa, questa è casa mia e tutti voi siete la mia famiglia». Parole subito sottolineate dai cori della curva e dagli applausi decollati dagli spalti. Il presidente della Juventus, Gianluca Ferrero, ha donato quindi una targa commemorativa e una maglietta dedicata: sul retro porta stampato il numero 252, le presenze del giocatore in bianconero che, concedendo un inchino, ha abbandonato il rettangolo verde. Più dei titoli e trofei conquistati, al di là degli assalti e delle reti sventati partita dopo partita, più della pesante eredità di Gianluigi Buffon onorata al meglio; il merito maggiore di Szczęsny, forse, risiede nello stile del suo commiato.

 

Fuori dal nuovo corso inaugurato da Thiago Motta e Cristiano Giuntoli, ha risolto il suo contratto, alleggerendo i conti della Continassa. Un gesto per niente scontato. Non sempre il capitolo finale della storia di un giocatore è, infatti, all’altezza del romanzo vissuto in quella squadra, scritto con quei colori. L’uscita di scena chiede al calciatore un tempismo perfetto. Esige coraggio, istinto e umiltà. Impone giocoforza un accordo con la società e l’ambizione personale. Se si vuole lasciare, appunto, con sorrisi e sollievo, senza strappi e recriminazioni. Basta un nonnulla per rompere l’incanto, rovinare il rapporto costruito negli anni, rimasticare il rammarico di qualcosa che sarebbe potuto essere e, invece, non è stato. Diventando personalità ingombranti per i bilanci, obsoleti per i cronisti, sacrificabili per i tifosi; a dispetto del passato glorioso, della fedeltà alla maglia, della bravura manifesta. Gli addii al calcio, del resto, seguono un canovaccio collaudato scandito da abbracci stropicciati, passerelle d’onore e scintillanti scenografie. Interpretano, soprattutto, l’intero spartito dei sentimenti: la rassegnazione e la riconoscenza, la finitudine e la fierezza, lo spaesamento del vuoto e il senso di appagamento.

Alcuni campioni illividiscono quando vedono tramontare la loro carriera, altri arrivano sereni e risolti in fondo al giorno di addio: con molti ricordi e pochi rimpianti. Nel novero dei secondi, approda sicuramente Szczęsny. Nella schiera dei primi, sempre per restare in casa Juventus, rientra Leonardo Bonucci. Tra lo sconcerto e lo stupore, un anno fa si consumava a colpi di carte bollate e dichiarazioni al vetriolo il rancoroso divorzio tra Madama e il difensore viterbese, restio all’idea di appendere gli scarpini al chiodo. La vicenda giudiziaria si è poi conclusa con il ritiro del ricorso presentato al Tar, annunciato dall’ex centrale azzurro in un comunicato comune con la Juventus. In tempo per salvare le apparenze; desolatamente in ritardo per confezione un addio su misura, un addio da condividere con i tifosi, un addio da ricordare e raccontare. Come farà da oggi il portiere polacco. 

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