Il foglio sportivo - that win the best
Tutto questo calcio ha davvero rotto le scatole
Nelle ultime due settimane si è giocato ogni giorno e del Mondiale per club non frega niente a nessuno
Poiché non c’è nulla di più inedito dell’edito, e non c’è bionda più buona di quella spillata da me, mi ripeterò anche oggi: tutto questo calcio ha rotto le palle.
La bulimia parossistica con cui i boss del pallone mondiale inventano ogni giorno un nuovo torneo – meglio se lungo, affollato e giocato in posti di merda – è pari soltanto alla foga con cui mi lancio sul bancone del pub. Solo che a forza di mungerle anche le mammelle più grosse si svuotano. Esemplare è l’imbarazzante caso del Mondiale per club voluto dalla Fifa di Gianni Infantino: sembra che del torneo che si giocherà nella nostra colonia oltreoceano la prossima estate non freghi molto a nessuno. Le trentadue squadre coinvolte sono titubanti, e nessun broadcaster si è fatto avanti per comprare i diritti per trasmettere le partite: in cosa consiste questa ennesima accozzaglia di squadre fortissime in campo contro bande di scappati di casa arabi o africani davanti a un pubblico che preferisce mangiare hot dog urlando per un fuoricampo? Nel dubbio, non compriamo a scatola chiusa, si sono detti i principali canali televisivi e di streaming del mondo.
Infantino, nel panico, convoca riunioni chiedendo la carità di puntare sul progetto, ma la verità è che non se ne può più – o, come dicono quelli che la sanno lunga, il mercato è saturo.
Prendete il calendario delle ultime due settimane, in cui non c’è stato mai un giorno senza partite, e molti giorni con molte partite: il rischio di diventare ciechi è altissimo.
Capisco Raphaël Varane che a 31 anni ha annunciato il ritiro dal calcio: ma quale infortunio, all’ex campione del mondo è stato fatale il passaggio dalla Premier League alla Serie A. Gli avevano fatto credere che giocare nel Como fosse il sogno di tutti i bambini che iniziano a dare un calcio al pallone, appena si è reso conto di dove era finito ha detto “basta, grazie”.
Lo aveva fatto saggiamente anche Wojciech Szczesny, dopo l’addio alla Juventus: settimane di pipponi sull’importanza di smettere al momento giusto, di occuparsi di cose più serie, di “grazie calcio ma la vita è più grande”, di servizi, interviste, video amarcord sulle parate più belle, aneddoti strappalacrime e strappamutande (nel senso che le palle ci esplodevano a leggerli) su quella volta che all’Arsenal… Poi il Barcellona ha bisogno di un portiere e lui corre sulle ramblas a firmare subito. Spero che presentandosi dirà di averlo fatto per la presentabilità della società blaugrana: ho letto che l’alternativa era Erit Berisha.
Va bene che tutto questo calcio ha rotto le palle, ma non esageriamo.