Il gol di Matteo Politano in Napoli-Monza 2-0 (foto LaPresse)  

Ocio però #6

Il Napoli prova a dribblare i problemi di testa della Serie A

Giovanni Battistuzzi

Sesta giornata, nuova capolista: ora tocca alla squadra guidata da Antonio Conte. Le altre candidate a scudetto e qualificazione europea sono tutte lì, distanziate di pochissimi punti

C’è un copione che non cambia da quando la Serie A è iniziata ad agosto. Chi raggiunge la testa della classifica in solitaria non riesce a rimanere in testa alla classifica la giornata successiva. Non ce l’ha fatta la Juventus, non ce l’ha fatta l’Udinese, non ce l’ha fatta il Torino. Di tutte e tre se ne è parlato un gran bene, si è tirato in ballo il modello Juve, o meglio Thiago Motta, quello Kosta Runjaić, quello Paolo Vanoli. Il tempo di un’illusione e nulla più. Ocio però che i bianconeri di Torino al contrario delle altre due concedono poche occasioni e non subiscono gol: non può andare così per sempre, ma intanto va. Forse non divertono come si aspettavano i più al ricordo del periodo bolognese dell’allenatore, ma tant’è. A furia di sentir dire che la Juve con Thiago Motta sarebbe tornata a giocare un calcio piacevole, l'allenatore ha capito che per prima cosa serve tempo per imporre il suo credo e che nel frattempo, in fin dei conti, tanto male Massimiliano Allegri non era perché l’unica cosa che conta davvero sono i tre punti. Con tanti saluti ai ah come gioca la Juve sparati sui social troppo presto. 

Ora toccherà al Napoli cambiare questo andazzo. A partire dalle 18 di venerdì 4 ottobre quando scenderà in campo al Maradona contro il Como. Antonio Conte è uomo abituato a stare antipatico ai più, quindi vorrà non smentirsi continuando a vincere. A piacere sono solo quelli che perdono o che vincono, ma fino a un certo punto. 

    


Questa è Ocio però, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sul campionato di calcio italiano, un piccolo breviario per evitare di prendere troppo sul serio la giornata di Serie A appena giocata


 

Era partito male il Napoli di Conte, c’era chi immaginava per gli azzurri un campionato altalenante, difficile, con molto entusiasmo e qualche delusione. L’allenatore era sembrato quasi sollevato ad averle prese dall’Hellas Verona alla prima giornata. Ha potuto completare la rosa alle sue condizioni, poi si è messo a raffinare una squadra buona a cui serviva però una quadra. Quadra non trovata del tutto, ma abbastanza per essere davanti.

In fondo non ci voleva molto. Sino a questo momento tutte le squadre che ambiscono a un posto in Europa hanno il passo in certo, zoppicano, alternano buone prestazioni ad altre da dimenticare. Il Napoli è quella che è stata meno altalenante. Ocio però che è stata anche quella che ha avuto meno problemi dal calendario, o forse la più fortunata a trovare i propri avversari nel loro momento peggiore. E non è un male. In passato c’è chi ci ha vinto uno scudetto o una coppa. 

Erano partiti male pure il Milan di Paulo Fonseca e la Roma di Daniele De Rossi e poi di Ivan Juric. Sono entrambe lì a non troppi punti dalla vetta (due per i rossoneri, quattro per i giallorossi) e con buone vibrazioni entrambe. Sebbene con frequenze diverse. A Milano c’è nuovo, anzi primo, entusiasmo per le sorti di quello che in moltissimi credevano un bidone del tutto inadeguato, Fonseca, e che ora quanto meno sopportano perché in fondo troppo male non era. A Roma il cuore dice De Rossi e la testa invece di non prendersela con Juric, che nulla può della situazione che la dirigenza ha creato. La squadra galleggia tra malumori di pancia e piccole gioie di spalti. Possibile che tanto torni a cambiare, se non a breve non tra moltissimo. 

Ocio però che c’è nulla di più irrazionale di convincersi davvero che il momento della rivalsa sia arrivato. E nell’irrazionalità, di solito, si riesca a vincere più partite di quelle che si potrebbe vincere. 

Lo si è visto sulle rive del Lario. Una squadra che sembrava messa in piedi un po’ a casaccio, il Como, ha scoperto di trovarsi parecchio bene attorno all’unico calciatore che gioca per sé e per i colori che ha indosso, Patrick Cutrone. Stessa cosa che era accaduta una settimana prima al Milan, quando Matteo Gabbia – con l’apporto di Tammy Abraham – si era ritrovato a dire a tutti i suoi compagni, con un colpo di testa, che si può pure perdere, ma è consigliabile almeno non passare per pirla. 

Di più su questi argomenti: