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L'intervento

Privatizzare San Siro per superare le ipocrisie sulle inchieste agli ultras

Guido Salvini

Ai capi delle curve non interessa il calcio perché pensano soprattutto a fare affari, spesso illeciti. Serve un deciso intervento del comune ma anche la procura di Milano si è mossa in ritardo. Una proposta

Alla fine la pentola ribollente di San Siro è stata scoperchiata. Uno stadio controllato da un mix di gruppi ultrà, primo fra tutti la temibile Curva Nord dell’Inter, in cui sono presenti elementi dell’estrema destra più violenta e rabbiosa, e di criminalità organizzata, l’onnipresente ‘ndrangheta che non manca mai dove corrono i soldi. Una miscela che vive tra scontri e comunanza di obiettivi.

Il fine non è la passione per la propria squadra ma il riciclaggio e il controllo dei biglietti, l’intimidazione degli addetti ai controlli i così detti steward, il racket imposto agli ambulanti e alle attività commerciali e nei parcheggi intorno allo stadio, l’organizzazione di azioni militari, la capacità di intimorire o ottenere la complicità dei dirigenti delle squadre. Lo sapevano tutti ma per anni nessuno si è mosso. Negli stadi di Roma o Napoli del resto non è molto diverso. Lo testimonia la saga sanguinosa di Diabolik, Fabrizio Piscitelli, insieme capo criminale e della tifoseria ultrà laziale.

Il paradosso è che i capi delle curve, molti soggetti a Daspo, cioè al divieto di entrare nello stadio, non assistono nemmeno alle partite, a loro il calcio in sé non interessa molto, me ne sono accorto negli interrogatori di molti ultrà, pensano soprattutto, oltre a dar sfogo al loro ego violento, a fare affari e quasi sempre illeciti. Tanto è vero che le frange estreme dell’Inter e del Milan, calcisticamente storici avversari, si sono alleate per spartirsi il business. E i capi hanno fatto della “militanza calcistica” un lavoro, uno lecito non lo hanno, con profitti di decine di migliaia di euro al mese. Ricordo che già nell’intercettazione ambientale del 2019 che riuscimmo a fare nel “baretto” davanti allo stadio, base operativa della curva Nord dell’Inter, si sentivano i cassieri del gruppo contare, sotto il controllo dei capi, i soldi ottenuti grazie alla rivendita illecita dei biglietti e alle intimidazioni degli addetti ai controlli.

Serve un deciso intervento del comune ma anche la procura di Milano si è mossa in ritardo. Le attività del gruppo ultrà che spadroneggiavano a S. Siro erano già note e provate almeno dal 2018, dopo la morte dell’ultrà interista Daniele Belardinelli durante l’attacco ai tifosi del Napoli. Ci sono voluti due omicidi, quello di Vittorio Boiocchi e quello commesso da Andrea Beretta nei confronti del rivale calabrese Antonio Bellocco per intervenire. Due omicidi che si potevano facilmente prevenire impedendo, con un intervento più rapido, la degenerazione di S. Siro anche nell’interesse dell’immagine della città.

Quale è la soluzione? Le indagini giudiziarie arginano in qualche momento i problemi ma non possono risolverli, non è il loro compito, è compito della politica. Sarebbe anche delle società calcistiche, di cui si paventa il commissiaramento, ma sono in ostaggio dei loro “tifosi” e da sole non ci riusciranno mai.

Una soluzione radicale sarebbe privatizzare lo stadio Meazza, cederlo a una società privata come fosse un grosso centro commerciale con la sua security, negozi, parcheggi e tutti i servizi e i controlli – il controllo dei “clienti” – che servono e con l’interesse che avrebbe chi lo gestisce a non lasciarlo decadere in un territorio senza legge.

O se questo non piace almeno le autorità che amministrano Milano riflettano sul fatto che non basta solo spostare altrove lo stadio, bisogna anche governarlo e sanificarlo, sul serio.

Guido Salvini ex magistrato al tribunale di Milano

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