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Al Brest sono bastate due partite in Champions League per sistemare i conti di una stagione

Francesco Gottardi

Con gli introiti per la partecipazione al grande torneo europeo e i premi vittoria, i bretoni hanno già pareggiato il monte ingaggi stagionale del club: con quelle cifre, in Italia si lotta per la salvezza

A parlar di miracolo, in Bretagna non ci stanno proprio. Vada allora per la massima di Piero Chiambretti: “Comunque vada, sarà un successo”. Perché il Brest, a inizio ottobre, ha già messo a posto i conti per la stagione a venire. Senza scomodare i sogni. Al debutto assoluto in Champions League, il piccolo club francese è in testa al nuovo format: due acuti su due, compreso l’exploit (0-4) sul campo del Salisburgo – ben più avvezzo al grande calcio europeo – nella serata di martedì. E allora un dato su tutti: il monte ingaggi dei giocatori biancorossi (fonte Capology) si aggira sui 23,5 milioni di euro. Mentre gli introiti provenienti dal massimo torneo Uefa, tra partecipazione e bonus vittoria, sono già 23. Da qui in avanti sarà tutto un di più, all’insegna di un’annata storica. Per intenderci: in Serie A soltanto tre squadre – Verona, Empoli e Lecce – pagano stipendi più bassi del Brest. E in Champions, la rosa di Éric Roy è la 30esima su 36 per valore di mercato (123,7 milioni, secondo Transfermarkt). Non sarà un miracolo, appunto. Ma un capolavoro tecnico ed economico.

Pensare che il Brest, fino a un anno mezzo fa, lottava per la salvezza. Era un tipico club “ascensore”, a galla tra prima e seconda serie. Nella sua storia non era mai andato oltre l’ottavo posto in Ligue 1, quando nel 1987 si chiamava ancora Division 1. Poi c’è stato un esonero. E un azzardo in panchina del tipo la va o la spacca: scegliere il nizzardo Roy, che non allenava da oltre un decennio, per risollevare le sorti della squadra. È andata decisamente bene.

Durante il digiuno Roy aveva accumulato esperienza da direttore sportivo tra Lens e Watford, un ruolo che a suo dire ha contribuito a entrare in sintonia con le esigenze dirigenziali dei bretoni. Senza raffreddare il rapporto coi suoi giocatori. Anzi: Roy dapprima ha centrato una tranquilla salvezza di puro slancio caratteriale (aveva raccolto il Brest al terzultimo posto, ha chiuso al 14esimo). Quindi ha ricostruito, facendo divertire. Senza spendere o spandere, nel 2023/24 il Brest ha scalato le gerarchie della Ligue 1 attraverso un gioco piacevole e solido (meno di un gol subito a partita). E complice la concorrenza del campionato transalpino, tutt’altro che agguerrita – basta “un posto pulito, illuminato bene”, per dirla alla Hemingway – è arrivato incredibilmente terzo. Musica da Champions League.

In estate il club non si è fatto sopraffare dalla sbornia, continuando la sua gestione da oculata provinciale. Ha rinunciato al suo pezzo pregiato, il difensore Lilian Bressier, mentre l’acquisto più esoso è stato l’attaccante del Lione Mama Baldé: 4,5 milioni di euro. Bruscolini, per le cifre odierne. L’importante è che al timone sia rimasto Roy. Impegnati su due fronti, i biancorossi stanno accusando il colpo in campionato (6 punti in 6 partite). Gli occhi dei tifosi però sono tutti rivolti alle notti europee. Quelle che stanno facendo grande il Brest, che nemmeno può disputare le gare casalinghe nel proprio stadio ultracentenario: mancanza di requisiti Uefa. Dunque la Champions per ora è dirottata a Guingamp, cento e passa chilometri più a est. Ma il nuovo impianto societario è già in cantiere: sarà intitolato Arkéa Park e sarà pronto nel 2027. Mica promesse da marinaio, con un bilancio così.

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