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Anche a Pechino Alcaraz ha trovato il modo di hackerare il computer Sinner

Luca Roberto

Il numero uno al mondo sconfitto al tie-break decisivo (la specialità della casa): è la terza volta che perde contro lo spagnolo quest'anno. Il segno che per lui Alcaraz continua a rimanere (in parte) un enigma. Ma anche di una rivalità di cui essere orgogliosi

Se c'era un modo più di altri per fargli del male era proprio batterlo al tie-break decisivo. Dopo un filotto così significativo, del resto, sembrava essere diventata la sua specialità. Carlos Alcaraz aveva dall'altra parte della rete il numero uno del mondo, quel Jannik Sinner capace di vincere 18 tie-break degli ultimi 19 giocati. Uno dei quali l'altoatesino se l'era portato a casa nel primo set di questa finale a Pechino. Com'è andata a finire? Che Sinner è partito alla sua maniera anche sul 6 pari nel terzo set. portandosi avanti di tre punti, con due mini break. Situazione ideale, filone classico. Ma poi ne ha persi 7 di fila. Complice anche un avversario a cui è riuscito tutto il possibile: dritti sulla riga, discese a rete disperate a parare passanti ben angolati. Morale della favola: dopo oltre tre ore di gioco, Carlos Alcaraz ha vinto il terzo confronto diretto su tre giocato contro Sinner quest'anno. E quindi, almeno in parte, al primo del ranking, con cui si è spartito gli slam annuali, lo spagnolo è come se avesse lanciato un messaggio: so come batterti. Sono riuscito ad hackerare il sistema. Buena suerte.

L'ultima volta che tra i due a prevalere era stato Sinner erano proprio uno di fronte all'altro a Pechino, sullo stesso campo, dodici mesi fa: 7-6 6-1. Fu con ogni probabilità la vittoria che lanciò il fine anno fuori dalla norma dell'altoatesino, conclusosi con la finale di Torino e la vittoria della Coppa Davis. E abbiamo visto com'è poi ripartira la stagione quest'anno: con 59 vittorie, 2 slam (Australian Open e Us Open), due Master 1000 e due Atp 500. E sei sole sconfitte. Metà delle quali, quindi, sono opera di Alcaraz. Un anno che ha dell'inedito nella storia del tennis italiano, maschile e femminile. A maggior ragione perché in questa seconda parte di stagione i risultati sono arrivati sotto allo sconforto per la positività al Clostebol, storia che Sinner non è riuscito ancora ad archiviare. E che ancora, pensiamo, occupi una parte dei suoi pensieri quando invece la sua intenzione sarebbe quella di focalizzarsi solo sul campo, non sulle perizie mediche e degli avvocati.

Qui lo scrivemmo in tempi non sospetti, quando Sinner era poco Sinner, e Alcaraz non era ancora Alcaraz. I due giochicchiavano ancora (si fa per dire), erano agli albori della loro rivalità e delle rispettive carriere. Ma si poteva intuire un tennis più imprevedibile, dal lato dello spagnolo. Un fattore che, unito alla prepotenza fisica, lo ha agevolato negli head-to head, che a questo punto sono sei a quattro a suo favore. È chiaro che di tutte le tre partite, questa di Pechino è stata la più close-to-call, visto che si è decisa per un punto o due. Mentre invece sia a Indian Wells che al Roland Garros s'era vista una maggiore distanza. Soprattutto a Parigi, dove a Sinner era mancata l'intensità per reggere cinque set. Questa ulteriore (mini) delusione cinese in parte lo spronerà a capire come implementare "il codice". E far sì che anche con Alcaraz il computer possa non dare più errore. Consci che però, anche solo star a lì a giocarsi partite del genere, a questo livello di tennis, scontato non lo è.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.