Thiago Motta (foto Ansa)

Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Thiago Motta, il domatore

Alessandro Bonan

Quando si parla dell'allenatore della Juventus, di solito, se ne sottolinea la capacità strategica. A Torino ha fatto di più però. Soprattutto come motivatore

Credo che Thiago Motta sia un trasgressore di regole calcistiche, e che si diverta anche a esserlo, forzando a volte un po’ la mano, trasformandosi da trasgressore a provocatore, come quando decide di mettere Weah figlio, nel posto che fu di Weah padre: centravanti, con risultati minimi. Come ogni trasgressore, interrompe la linea, anzi coraggiosamente la spezza, disegnando nei vuoti alcune miniature, puntini che uniti compongono una forza. Lo faceva nel Bologna, dove certi spostamenti gli hanno dato ragione, su tutti quello di Calafiori, da fluidificante (non si dice più, però mi piace) a difensore centrale. Sempre nel Bologna, con Thiago, ogni calciatore stava in allerta, avendo, l’italo-brasiliano, cambiato 42 formazioni in 42 partite.

Gli stessi principi, l’ex del Bologna, li ha trasferiti anche alla Juventus, con risultati eccellenti. Con un pizzico di immaginazione possiamo paragonare il suo sistema a quello che regola il sofisticato movimento degli orologi meccanici a carica manuale o automatica: il tourbillon. Fu inventato alla fine del Settecento da tal Abraham-Louis Breguet e consiste, in estremissima sintesi, in una gabbia rotante intorno ad un’asse centrale. Nella Juve l’asse è Thiago Motta, e il gioco che esprime è il tourbillon, con il quale i ruoli perdono la loro fissità (via le postazioni prefigurate) in cambio di una mobilità vorticosa che sviluppa resistenza (e consistenza). Dentro questo modo di matrice olandese (chissà se Rinus Michels conosceva il tourbillon), Thiago Motta, eretto nella sua posizione di asse centrale, guida la squadra non solo con la tattica ma anche con la morale (e qui l’orologio si ferma).

Non ho mai assistito a una partita della Juventus con dentro la quantità di abbracci vista nella trasferta di Lipsia, e non mi riferisco alle manifestazioni d’affetto con cui i calciatori festeggiano un gol. No, c’è stato molto di più. Occhi spiritati, petti battuti, mani nelle mani, baci, abbracci appunto, anche soltanto per una scivolata in calcio d’angolo. La Juventus, priva di due giocatori importanti dopo pochi minuti come Bremer e Nico Gonzalez, vittima di una sostanziale inadeguatezza arbitrale e in dieci per gran parte del secondo tempo, ha giocato una partita monumentale sia sotto il profilo tecnico che caratteriale, esprimendo un vigore che mi ha sinceramente impressionato. 

Quando si parla di Thiago Motta, di solito, se ne sottolinea la capacità strategica, riassunta in queste righe nel “sistema tourbillon”, trascurandolo come motivatore. Da Lipsia, la sua immagine cambia: Thiago il domatore, sempre al centro della sua gabbia.

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