la nota stonata #7
Per un Paz che si trova c'è un Orsolini che si è perso
Tra rigori sbagliati e gol dell'ex, tra infortuni e nuove (e vecchie) scoperte, gli ultras continuano a far parlare di loro per gesti violenti, mentre gli altri tifosi provano a dimostrare coi fatti di essere diversi, come a Venezia
Giornata tritatutto in Serie A, che centrifuga senza pietà i legamenti crociati di Gleison Bremer (si è vista la differenza tra Lipsia e il Cagliari) e Duván Zapata, le bordate terrificanti di Éderson, Moise Kean e Albert Guðmundsson, gli svolazzi di danza sopraffina a firma Nico Paz e Christian Pulisic, i due rigori parati da David de Gea quale nemesi degli errori teatrali di Evaristo Beccalossi, gli immancabili gol dell’ex di Yacine Adli e Mateo Retegui ad affossare un Genoa dalle prospettive fosche, l’irreale performance dell’Atalanta tra Shakhtar e campionato, l’eterna fanciullezza di Pedro che stava già in campo alla finale di Champions League quindici anni fa, i rigori sbagliati da chi non è il primo nome nella lista di squadra…
Da Hellas Verona-Venezia a Fiorentina-Milan si sono viste partite in campo aperto e difese larghe, poco italiane a leggere quanto dice a Gianluca Di Marzio il giovane ex genoano Seydou Fini, oggi all’Excelsior di Rotterdam nella seconda divisione olandese: “Gioco come ala destra in un 4-3-3, campionato di molto talento dove siamo tutti giovani, età media 22 anni. Un calcio veloce e divertente, tanti spazi e uno-contro-uno. Noi ragazzi sentiamo poche pressioni e molta fiducia, se sbagli ci riprovi e non ti giudicano per un errore”. Forse è di nuovo possibile anche qui: del resto l’organizzazione di gioco è l’unico modo per ribaltare situazioni già scritte dalle rispettive casse societarie.
Questa è "La nota stonata", la rubrica di Enrico Veronese sul fine settimana della Serie A, che racconta ciò che rompe e turba la narrazione del bello del nostro campionato che è sempre più distante da essere il più bello del mondo
Si diceva del fantasista comasco: da quanti anni, nella massima serie italiana, non si assisteva allo sbarco di una matricola dall’impatto così universale? E come ha fatto il Real Madrid, che già aveva goduto di un suo precoce gol europeo contro il Napoli, a lasciarlo andare senza manco riservarsi una recompra, un controriscatto, qualcosa? Misteri gaudiosi, intanto Paz va che è un piacere per gli occhi e pure per la concretezza delle sue azioni.
Tutto il contrario, si direbbe, della stagione fin qui mediocre che sta vivendo Riccardo Orsolini: l’atipica ala dai pochi cross e dai tanti goal di qualità era stata una delle chiavi del Bologna di Thiago Motta, capace di conquistare con merito la qualificazione alla Champions. Quest’anno invece “Orso” ci prova, si sbatte, ma la palla prende altre direzioni e lo stesso Vincenzo Italiano non lo aspetterà a lungo, covando possibili alternative in rosa. Peccato, perché atleti di questa risma sono sempre più rari e quando stonano si sente.
Mai quanto il deflagrare del frastuono ultrà: non quello bello dei cori, delle trombe, dei tamburi e della goliardia da curva, quanto l’arcinota e pur sempre stupefacente condizione di chi ci ha ricavato patrimoni a suon di minacce da clan, merchandising monopolistico e creste sopra i biglietti. Naturale che non si parli solo di San Siro, e che gli effetti della turbolenza ciclica si siano visti attorno a Marassi nel derby di Coppa Italia, come appena fuori la stazione Termini di Roma, dove un tifoso veneziano è stato aggredito a cinghiate da cinque energumeni. Sono questi i veri ultrasuoni che stridono con un calcio alla rincorsa della credibilità, e che per fortuna vengono presto affossati dalle tante storie fresche che nascono in gradinata: tra un mese proprio la “sud” arancioneroverde ospiterà a proprie spese (dal volo all’accommodation) un fan messicano, coronando il sogno della sua vita. E le ben 15mila card sottoscritte in laguna sono la legittimazione alla normale simbiosi con la società, con il caso unico della richiesta di avere l’iconico sponsor Cynar nelle maglie destinate alla vendita, anziché le pecionate per turisti: calcio è società.
Di cosa significa tifare oggi, ricordando di essere stati supporter dall’infanzia, parla peraltro il pregevole podcast “Prendo la sciarpa e vengo da te”, curato da Michele Bitossi per RaiPlay Sound: affezionate e affezionati più o meno celebri, Enrico Brizzi e Riccardo Cucchi, da Paolo Nori a Marta Casanova, Francesco Lettieri come Damir Iviċ si raccontano dal punto di vista di chi veste i propri colori e li porta in giro in piena età adulta, a Liverpool oppure sotto casa. Il successo editoriale fa emergere un mosaico di passione, civiltà, eleganza che lo rende credibile antidoto alle sciocchezze ascoltate ultimamente da più parti in materia. “Con la sosta alle porte”, poi, diventa il nuovo mantra di un anno senza più stagioni: è come Natale, le ferie, il venerdì ore 17. E anche al recupero degli infortunati, alle prove di nuovi assetti, al mercato degli svincolati ci si penserà dopo.