La Red Bull è il nuovo (vecchio) orizzonte di Jürgen Klopp
Da gennaio, l'ex allenatore del Liverpool sarà il Global Head of Soccer del reparto calcistico del gruppo austriaco. In pratica dovrà guidare tutte le squadre griffate dai due tori - Lipsia, Salisburgo, New York e Bragantino - e portare finalmente il RasenBallsport Leipzig al vertice del calcio tedesco
Sono passati quasi vent’anni da quando la Red Bull è entrata nel mondo del calcio. Era il 6 aprile del 2005 quando il gruppo austriaco ufficializzò l'acquisto del fu Fc Salzurg, divenuto Fußballclub Red Bull Salzburg. Il primo tassello di un progetto che, con l’acquisizione del New York MetroStars e la creazione del RasenBallsport Leipzig, è diventato una multinazionale del pallone. Vent’anni sono un tempo più che buono per riflettere su quanto fatto e soprattutto per chiedersi: ora dove vogliamo andare? Insomma se continuare sulla via di sempre, quella fatta di bilanci in più che ordine e buone plusvalenze, oppure cercare di fare qualcosa di più, provare a essere oltre che un modello gestionale, anche un modello calcistico vincente.
I tanti campionati austriaci vinti dalla squadra di Salisburgo, per la Red Bull sono motivo di vanto, ma ora è venuto il momento di provare a vincere anche in Germania. Perché è da anni che il RasenBallsport Leipzig dimora stabilmente nelle prime posizioni della Bundesliga e tra le sedici squadre più forti della Champions League – non male per una squadra che prima del 2009 non esisteva–; è da anni che viene applaudita e lodata per lo scouting e il bel gioco; ed è da anni che vince, ma solo Coppe di Germania. E quel solo alla Red Bull inizia un po’ a pesare.
Il gruppo avrebbe potuto aumentare i fondi, iniziare a fare acquisti ancor più danarosi per colmare il gap con Borussia Dortmund e Bayern Monaco. Non lo ha fatto. Hanno deciso di puntare, com’è loro abitudine, su un progetto di medio termine. E questo progetto ruota attorno a una persona: Jürgen Klopp.
L’allenatore tedesco non tornerà in panchina. L’anno scorso, quando aveva annunciato l’addio al Liverpool, era stato chiaro: aveva bisogno di una pausa, di fare altro, perché “faccio questo da 24 anni, ci sono parti di questo lavoro che non si vedono e che non sopporto più”.
A gennaio tornerà a lavorare, lontano dal campo, un po’ dietro a una scrivania, un po’ in giro per stadi e campi di calcio. Farà il Global Head of Soccer, cioè il responsabile globale delle squadre della Red Bull (Lipsia, Salisburgo, New York, Bragantino), ossia cercherà di organizzare, o meglio riorganizzare, il settore calcistico del gruppo austriaco per provare a far fare a tutti, ma soprattutto al RasenBallsport Leipzig, un altro salto di qualità.
In pratica, in grande, quello che Jürgen Klopp aveva già fatto al Mainz, al Borussia Dortmund e al Liverpool: una riorganizzazione generale della società attorno alla prima squadra. Un nuovo vecchio orizzonte da poter esplorare a suo piacimento.
“Jürgen arrivò a Liverpool a ottobre e per la prima stagione si concentrò soprattutto sul campo. A giugno venne da me che avevo da poco preso l’incarico e mi disse: ‘Secondo me qua va cambiato tutto’. Io lo guardai come per dirgli: ‘Cazzo è il Liverpool, cosa vuol dire va cambiato tutto?’. Mi spiegò ciò che aveva visto che non andava. Cambiammo tutto”, raccontò alla Bbc Michael Edwards, dal 2016 al 2022 direttore sportivo del Liverpool e ora chief executive of football dei Reds.
All’epoca Jürgen Klopp ottenne una revisione del settore giovanile, una totale continuità tra prima squadre e squadre giovanili e una sorta di riunione costante tra direttore sportivo, allenatore e responsabili del mercato per evitare perdite di soldi e di tempo.
Quanto fatto, non completamente, a Liverpool potrà metterlo in pratica alla Red Bull e gestirlo lui in prima persona. Sempre che non arrivi la chiamata della Nazionale tedesca. Perché tra le clausole del contratto c’è quella che gli dà la possibilità di liberarsi senza penale per guidare la Germania.