ciclismo
Il lato "sbagliato" del Giro di Lombardia
L'ultima grande corsa dell'anno ripresenterà Ghisallo e Colma di Sormano, ma dal lato che di solito viene affrontato in discesa prima dell'ultima salita, quella che porta a San Fermo della Battaglia
Ghisallo e Colma di Sormano, ancora loro, come nella migliore versione del Giro di Lombardia. Perché l'arrivo a Bergamo è bellissimo, ma quello a Como di più – non ne abbiano a male i bergamaschi delle mie parole, ahi laghé, per quanto (non del tutto) acquisiti, il Lario fa un effetto unico, di malinconica felicità. Ghisallo e Colma di Sormano a rendere duro il passo sabato 12 ottobre, a spiccare altimetricamente su di un percorso duro, al solito, nonostante l'assenza per lavori della strada che porta a Civiglio. Prima dell'arrivo, dopo il Ghisallo e la Colma di Sormano, ci sarà solo la salita che porta a San Fermo della Battaglia, corta, pendente ma non troppo, ombrosa, bella da salire anche perché alla portata di tutti. Non è detto che sia un male la sua solitudine nel finale di corsa.
Ghisallo e Colma di Sormano, ancora loro, ma dalla parte sbagliata questa volta. Quella che si è fatta meno, anzi mai nel caso della seconda (almeno al Lombardia, perché al Giro d'Italia venne affrontata nel 1978, durante la diciannovesima tappa, la Brescia-Inverigo, vinta da Vittorio Algeri), quella che piace meno. Si sa però che i giudizi, spesso, sono pigri, si basano sul passato, su quello che si è visto.
E forse hanno ragione a preferire il lato giusto del Ghisallo, quello da Bellagio: salita doppia, perché divisa in due da un pianoro e da una discesetta buona per tirare il fiato, dura, che tira e tira fuori dal corpo muscoli e polmoni. Altra cosa il versante di Asso, o da Onno se si considera un tutt'uno il Ghisallo con la Sella di Osigo: strada che sale tranquilla che pure uno poco allenato ci pedala forte, se non fosse per un dannatissimo chilometro che lascia senza fiato (i corridori però nemmeno lo sentiranno). Qualcosa di buono però ce l'ha anche questo versante: a Magreglio il Santuario della Madonna del Ghisallo lo si vede da davanti, lì dove ci sono i busti di Gino Bartali, Fausto Coppi e Alfredo Binda, e non di lato.
Altra cosa la salita che porta alla Colma di Sormano da Nesso. Tredici chilometri lunghissimi, duri – a eccezione del pezzo al Pian del Tivano –, spettacolari per contesto, paesaggi e panorama. Peccato che i corridori non possano gustarselo, si godono mai niente i corridori quando muovono in gara i pedali. Certo non ci sono le fachiriche pendenze del Muro di Sormano, ma visti i corridori al via – Tadej Pogacar e Remco Evenepoel su tutti, ma anche Enric Mas, Tom Pidcock, Aleksandr Vlasov (che al Giro di Lombardia dà spesso del suo meglio), Romain Bardet, Simon Yates, Matteo Jorgenson – se ne può fare a meno.
La Colma di Sormano da Nesso sarà un bel vedere, scollinerà a quaranta chilometri circa dall'arrivo, potrebbe essere la rampa di lancio perfetta per quella nuova e assai antica tendenza di dilatare il piacere dell'attacco, dell'avventura forse solitaria. Dopo la Colma ci sarà discesa, e che discesa, giù verso Sormano prima e Asso poi c'è possibilità di allungare il distacco; poi pianori e strappetti fino all'ultimo giudice prima dell'arrivo di Como, la salita che porta a San Fermo della Battaglia.