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La Fifa non perde occasione per fare qualche sciocchezza
Davvero geniale la squalifica di Curto per aver dato del Jackie Chan a un avversario sudcoreano
Sarò sbronzo ma non sono scemo, mi sono premurato tempo fa di dire quanto inutile, dannosa e finta sia la Nations League, per cui non dirò nulla su quanto successo giovedì sera a Wembley. Guardando lo scempio ho dato fondo alla mia riserva di brandy, ma ieri mattina mi sono accorto che non potrò mai bere quando Roberto D’Aversa, che in un’intervista al Corriere dello Sport ha detto che “agli arbitri si deve dare la possibilità di andare ad allenarsi con le squadre. Faccio un esempio, se l’arbitro è di Firenze o di Empoli, potrebbe dirigere le nostre partitelle o quelle della Viola: quell’aspetto lo migliori vivendo quotidianamente il campo e le dinamiche dei calciatori”.
Ma certo, cosa potrebbe andare storto, soprattutto in Italia? Un po’ di brandy l’ho tenuto da parte, comunque, per alzare il bicchiere in onore di due spagnoli, Iniesta e Nadal, che hanno lasciato rispettivamente calcio e tennis in tempo per non vedere più le cazzate woke diventare più importanti di gol e palle break: negli ultimi giorni si sono registrate due storie che sembrano partorite da un consigliere di Kamala Harris ubriaco. Prima la Fifa ha squalificato per 10 giornate, poi ridotte a cinque, il difensore del Cesena, ma di proprietà del Como, Marco Curto per “comportamento discriminatorio” nei confronti dell’attaccante sudcoreano dei Wolverhampton Hwang Hee-chan. Praticamente quel suprematista bianco di Curto, durante un’amichevole estiva in Spagna tra Como e Wolves si sarebbe riferito a Hwang Hee-chan chiamandolo Jackie Chan. Apriti cielo: la Federcalcio sudcoreana ha denunciato l’episodio alla Fifa esprimendo “seria preoccupazione per gli atti razzisti subiti da Hwang Hee-chan” e chiedendo di agire per “sradicare il razzismo sul campo di calcio”.
La Fifa, col solito coraggio che la contraddistingue, ha eseguito, e con la squalifica a Curto ha reso il mondo un posto migliore. Nessuna squalifica ma un sacco di merda virtuale per la tennista spagnola Paula Badosa, costretta a scusarsi per avere postato una foto in cui, probabilmente in un ristorante cinese, sorride tenendo le tradizionali bacchette accanto agli occhi, dando l’impressione di imitare un volto asiatico (cosa cazzo mi tocca scrivere) facendo gli occhi a mandorla. Proteste, insulti, minacce, predicozzi dei giornalisti sul fatto che insomma, Badosa mia, nel 2024 questi gesti discriminatori anche no…
Fatto sta che lei ha cancellato la foto, ha chiesto scusa, ma poi per motivi di salute si è cancellata dal torneo che avrebbe dovuto giocare pochi giorni dopo. In Cina. A Whuan. Questo sì che è il razzismo che mi piace.
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