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Il Foglio sportivo

Perché la Svezia ha deciso di fare a meno del Var

Roberto Gotta

La ricerca di un calcio autentico, con meno pause e capace di dare priorità alle emozioni dei tifosi, anche a costo di accettare decisioni sbagliate. Un pomeriggio a Malmoe: qui l’arbitro fischia e nessuno protesta

Un altro mondo, un mondo senza Var, è possibile. Che sia poi utile, intelligente, consigliabile, è altro discorso. Un mondo senza Var, ovvero com’era fino al 2017, in Italia e in tutti i maggiori campionati. Tranne uno: l’Allsvenskan, la lega svedese, che quest’anno compie 100 anni. A decidere contro la sua introduzione sono stati i club, ma di fatto i tifosi, dato che in Svezia vige la regola del 50 per cento +1, come in Germania, che consegna la gestione a dirigenti scelti, appunto, dai tesserati. “Siamo orgogliosi di essere diversi – ha detto alla Bbc Simon Åström, presidente di Lega – E visto che il Var come è stato finora non funziona e condiziona in negativo l’esperienza dei tifosi, il nostro tipo di cultura sportiva ci ha spinto con ancora più forza a dire che possiamo farne a meno”. Un concetto ribadito anche da Niclas Carlnen, amministratore delegato del Malmoe: “C’è chi dice che siamo indietro rispetto al mondo, ma se invece fossimo quelli che aprono la strada? Siamo un calcio autentico, vero, abbiamo deciso di dare la priorità alle emozioni, all’esplosione di gioia dopo un gol. Certo, in questa maniera bisogna accettare il fatto che ci possano essere decisioni sbagliate. Poi, se arriva un Var che comporta meno ritardi, meno pause, allora potremmo ripensarci”.

L’accenno all’esperienza vissuta dai tifosi non è casuale: per quanto dotato di contratto televisivo nazionale, con anticipi e posticipi, il calcio in Svezia, come in altri paesi nordici, privilegia lo spettatore dello stadio piuttosto che quello davanti al televisore, anche per via di un tifo molto robusto e rivalità forti, con scenografie che hanno fatto il giro dei social media per la loro spettacolarità, a partire da quella che a inizio stagione, in aprile, mostrarono i tifosi dell’Aik, una mappa, ispirata ai fumetti di Asterix, in cui Stoccolma e la Svezia venivano indicate come ultime sacche di resistenza dell’intera Europa. Un pomeriggio al Malmoe, club all’avanguardia, con belle strutture, un numero impressionante di biciclette nei parcheggi e tifo caldo in tutti i settori, dà proprio l’idea della differenza fondamentale: ogni episodio potenzialmente controverso semplicemente cessa nel momento in cui l’arbitro decide, lo sguardo corre al massimo all’uomo con la bandierina e dopo il gol (parecchi, nella partita specifica) festeggiamenti e musica scattano senza quegli attimi di indecisione ora abituali altrove, permettendo un flusso emotivo che nel bene e nel male non si interrompe, a imitazione involontaria di un celebre spot televisivo italiano di tanti anni fa. Un messaggio che ha fatto breccia anche nell’adiacente Norvegia, dove si sta pensando all’abolizione del Var dal 2025, supportata pubblicamente da club come il Vålerenga, che pure nel 2024 è in seconda serie dove la tecnologia non viene utilizzata. Ma alcune partite della Eliteserien, il massimo campionato, sono state interrotte da lanci di oggetti (comprese palline da tennis e… crocchette di pesce) in segno di protesta e gli striscioni contro il Var fanno ormai parte della scenografia generale. Avanguardia o no, esiste. 

 

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