Quello che i numeri non dicono di Marcus Thuram
Nelle prime sette partite di questa Serie A, l'attaccante francese ha segnato sette gol e concesso tre assist. Ha fatto in gol in tutti i modi ed è riuscito a offuscare, buon per Simone Inzaghi, anche Lautaro Martinez
Spesso i numeri raccontano bugie. Perché dietro alla fredda sagoma delle cifre si nascondono verità parziali. È una sineddoche pericolosa, una tendenza che porta a sacrificare il tutto per elevare a sistema solo una parte della faccenda. Funziona così nel calcio. E funziona così soprattutto per gli attaccanti, classe di uomini scelti e di gente sicura come quella cantata da Samuele Bersani, ma destinata a venire giudicata quasi esclusivamente dal numero di palloni spediti in fondo al sacco avversario. Proprio per questo la stagione di Marcus Thuram ha già assunto i contorni della straordinarietà. Sette gol in altrettante partite di campionato. A cui vanno aggiunti anche tre assist per i compagni. Significa che, da solo, l’attaccante è entrato nel 62 per cento dei gol dell’Inter.
Fra le pieghe dei numeri, tuttavia, si annida qualcosa che le cifre non riescono a spiegare. Perché oltre al "quanto" ha segnato Marcus Thuram, è importante capire "come" ha segnato. La punta che qualche tempo fa partiva dall’esterno per accentrarsi e attaccare la porta non esiste più. O meglio, esiste parzialmente. Nell’arco di due anni e mezzo Thuram si è evoluto. Anzi, si è ibridato. Alle sue qualità di movimento ha sommato anche quelle da prima punta, da centravanti classico. Solo che questa mutazione non ha snaturato il suo gioco, l’ha completato. È un processo iniziato nel suo ultimo anno al Borussia Mönchengladbach e sublimato sotto la guida di Simone Inzaghi.
Finora Thuram ha segnato in tutti i modi. Con un tocco sotto, in mischia, con la deviazione di un avversario, su ribattuta. Ma, soprattutto, ha rinverdito l’arte del colpo di testa.
La tripletta sotto cui ha seppellito il Torino subito prima della sosta racconta molto su come il francese sia diventato un centravanti dominante. La sua prima rete è prepotenza pura, un salto altissimo, quasi al rallentatore, tra due difensori del Toro. La seconda è un compendio della sua capacità di manipolare il tempo. Quando parte il cross dalla sinistra di Bastoni, Marcus Thuram è alle spalle di Saúl Coco. Poi in un batter di ciglia cambia tutto. Il francese non aggira il difensore di Lanzarote, gli passa quasi attraverso. E spedisce il pallone verso il palo lontano.
Avere in squadra la punta nata a Parma vuol dire poter contare su due giocatori diversi racchiusi nello stesso corpo. Marcus strappa, diventa imprendibile quando sprigiona la sua corsa in verticale. E allo stesso tempo riesce a occupare l’area di rigore, a materializzarsi proprio lì dove andrà a finire il pallone. Tutto in un processo di crescita che ha trovato il suo apice proprio nella sfida dell’Olimpico della scorsa stagione. La Roma di Daniele De Rossi aveva giocato un’ottima partita, recuperando lo svantaggio segnato da Acerbi e andando in vantaggio alla fine del primo tempo. Poi nella ripresa Thuram si è abbattuto contro i giallorossi con la forza di un uragano. E l’Inter si è rimessa in tasca la partita. Ora la stella di Thuram è diventata così abbacinante da offuscare quasi quella di Lautaro, uno che punta al Pallone d’Oro. Sembra quasi di sentire "La Signora", quando la voce di Lucio Dalla canta: "È un amico diventato nemico che mi ruba la voce". È questa è un’ottima notizia per l’Inter.