Il Foglio sportivo
“Il bello del pentathlon? Non ti annoi mai”. Intervista a Giorgio Malan
Il pentatleta si racconta dopo il podio olimpico conquistato a Parigi, frutto di svariati allenamenti diversi ogni giorno. Uno stile di vita impegnativo ma ricco di stimoli, anche se già vede con chiarezza il suo futuro: sfruttare la medaglia di bronzo per far conoscere il suo sport al grande pubblico
La colonna sonora di Parigi 2024, per Giorgio Malan è un brano dei The Script, ‘Hall of Fame’ che inizia così: “Puoi essere il più grande e il migliore”. In parte l’invito della canzone è stato rispettato visto che l’azzurro, con il suo bronzo, ha riportato l’Italia sul podio olimpico a 36 anni di distanza, in una disciplina spesso bistrattata e soggetta a tantissimi cambiamenti: il pentathlon moderno. Malan, con semplicità, ammette di essersene avvicinato da grande amante dell’attività fisica e non volendo scegliere cosa fare: “Da piccolo mi è sempre piaciuto fare un sacco di sport. Il pentathlon è perfetto per un bambino o ragazzo che vuole provare un po’ di tutto: ho iniziato in questo modo. Poi, me ne sono innamorato facendolo sempre più ad alto livello e non ho più smesso”.
Del resto, lo ribadisce spesso, le cose semplici non gli piacciono ma prevale la voglia di fare e di non stancarsi mai: “È uno sport impegnativo, facciamo anche cinque allenamenti, cinque sport diversi al giorno, tendenzialmente tre o quattro: è tosto, però non ti annoi mai, secondo me è meno alienante e lo apprezzo di più rispetto ad altri. Da piccoli si inizia con il nuoto e corsa, poi a mano a mano si aggiungono gli altri progredendo di categoria. Quello che mi ha conquistato da subito è che più diventi grande, più si aggiungono nuove sfide, nuove sensazioni e questo mi ha sempre affascinato, apprezzo tutte le mie discipline che mi permettono di spaziare, di provare cose diverse”. Divertendosi e scambiando pure qualche battuta con Marcell Jacobs al villaggio olimpico (“un giorno abbiamo preso entrambi la pizza, la pasta era immangiabile”) ha vinto il bronzo a Parigi e in una cornice non da poco come la Reggia di Versailles. “La cosa che mi è rimasta più impressa di tutte è il pubblico, l’atmosfera che si respira alle Olimpiadi che è quello che sognavo da bambino, vivere per gare del genere. È stato bellissimo, indipendentemente dal risultato. Poi, un’altra cosa che ricordo veramente con grande soddisfazione sono i miei amici, i miei familiari, che alla fine erano una trentina, quasi 40, lì sugli spalti a fare il tifo. Con la medaglia finale è stato tutto ancora più bello”.
Il podio è il coronamento di un lungo percorso: “Chi arriva alle Olimpiadi fa un sacco di sacrifici, rinunce e alla fine vincono solo in tre. Questi sacrifici non sempre vengono ripagati, anzi è difficile. Io sono stato bravo a portare a termine la gara al mio meglio e anzi avevo un po’ di margine, ma in generale sono contento. È un premio per tutti, per il mio staff. L’unica cosa da dire sulla medaglia di bronzo è che effettivamente si rovina: la mia si sta ossidando, come se stesse perdendo la patina”. Tutti dicono che la medaglia è solo un di più, un qualcosa che premia il merito e le scelte di vita mirate a conseguire un obiettivo più grande. “Mi piace molto lo stile di vita dell’atleta, però è anche duro: quando sei stanco e non ti va, devi comunque alzarti la mattina, fare l’allenamento e poi l’allenamento dopo e poi quello dopo ancora. Non è semplice ma a me le cose facili non piacciono. Li ho chiamati sacrifici ma tendenzialmente non lo faccio, sono più scelte quelle che facciamo. Dopo un periodo così serrato bisogna staccare la spina, anche se in realtà non vedo l’ora di ricominciare con la mia routine perché è quello che amo fare”.
Per Malan che vive di nuovi stimoli ce n’è uno servito su un piatto d’argento. Da Los Angeles 2028, al posto dell’equitazione ci sarà una corsa ad ostacoli. “Noi siamo sempre un po’ soggetti a tanti cambiamenti che ci rendono più televisivi e in teoria più appetibili al pubblico. Secondo me, tanti vanno anche bene, su questo dell’equitazione non sono affatto d’accordo, perché lo sport viene snaturato. Il pentathlon che ho conosciuto e praticato fino ad ora, cessa di esistere praticamente dopo Parigi. Della nuova disciplina so ancora poco: so che i giovani stanno già partecipando alle 'nuove' gare. Ho visto qualcosa, ma non l’ho ancora provata, ora avrò il tempo per affacciarmi a questo nuovo sport”. Nel futuro vorrebbe lavorare nel mondo del marketing dello sport (sta studiando Economia e management) e così ha le idee chiare su come si potrebbe attirare più pubblico: “Bisognerebbe investirci di più, trasmetterlo in tv, ora è più televisivo ma non passa in tv sarebbe necessario farlo, sfrutterei la medaglia per renderlo più appetibile. Sarebbe bello organizzare gare anche nei centri città per far conoscere quello che facciamo alle famiglie”.
Il foglio sportivo - il ritratto di bonanza