L'attaccante dello Stoccarda Deniz Undav (foto Ap, via LaPresse) 

Champions League

La lunga strada di Deniz Undav

Andrea Romano

L'attaccante tedesco di origine curda venne scartato a 16 anni dal settore giovanile del Werder Brema, passò per i bassifondi del calcio tedesco, prima di trovare in Belgio la sua America. Ora guida lo Stoccarda in Champions League contro la Juventus

Fino a quattro anni fa nessuno conosceva il suo nome. Perché allora Deniz Undav non era nemmeno un calciatore professionista. Dopo aver frequentato il settore giovanile del Werder Brema il ragazzo di origini curde era stato risucchiato nelle sabbie mobili del calcio amatoriale tedesco. La grande delusione era arrivata in un pomeriggio come tanti del 2012. Deniz aveva 16 anni ed era stato convocato dai vertici del suo club. Senza troppi giri di parole gli avevano comunicato che non rientrava nei piani futuri della società. Era troppo basso. E anche troppo grasso. Per un attimo Undav deve aver sperimentato sulla sua pelle quella frase di Ninna nanna di Chuck Palahniuk: "Pietre e bastoni ti rompono le ossa. Ma occhio a quelle cazzo di parole". È una bocciatura che fa male. Molto. Perché Deniz è un ragazzo della Bassa Sassonia, che poi si trova al Nord della Germania, uno nato a pochi chilometri da Brema e che da bambino ha imparato a tifare per il Werder. "È stata davvero molto dura, sembrava che fosse tutto finito – ha raccontato qualche tempo fa - Mi ci sono voluti un paio di giorni per farmene una ragione, ma poi ho guardato avanti".

 

Undav impara a sognare in economia. Nel vero senso della parola. A 19 anni debutta in prima squadra con l’Havelse, in Regionalliga, la quarta serie tedesca. È qualcosa che va molto al di là del concetto di periferia del calcio. Il club gli passa 150 euro al mese. Per il resto deve arrangiarsi da solo. Undav inizia a lavorare in una fabbrica. Il suo turno inizia alle quattro di mattina. Poi ci sono gli allenamenti. Daniz torna a casa allucinato dalla fatica. Ma è da quella fabbrica che inizia una scalata lenta e senza rete di sicurezza.

 

Dopo un anno passa all’Eintracht Braunschweig II, nella stessa categoria, poi prova il saltino con la maglia del Meppen, in Serie C. La chiamata che gli cambia la vita arriva nel 2020. L’Union Saint-Gilloise sarebbe interessata a offrirgli un contratto. Per la Serie B belga. È poco, ma comunque abbastanza. Daniz accetta e ringrazia. Contribuisce subito alla promozione del club. Poi al suo primo ballo nella massima serie diventa devastante. Segna 26 reti. Trascina il club neopromosso a un passo dalla vittoria del titolo. Il Brighton rimane così impressionato dalle sue caratteristiche che lo acquista già a gennaio e lo parcheggia in prestito fino a fine mese. È un balzo importante. Anche troppo. Il rischio di bruciarsi è alto. Così dopo un’annata non proprio scintillante con maglia dei "Seagulls" viene spedito in prestito allo Stoccarda. "Giocherà una trentina di partite e poi tornerà qui – garantisce De Zerbi – credo in lui sia come calciatore che come uomo". La storia andrà in maniera diversa.

   

Nella città della Mercedes l’operaio diventa una macchina da gol. Gioca sia da trequartista che da punta. E segna in tutti i modi. Di destro, di sinistro, di testa, in tap-in, chiudendo un triangolo, in tuffo, in elevazione, ma quasi mai da fuori. L’area diventa il suo giardino di casa. A fine anno fanno 18 gol e 10 assist. Un bottino impressionante per un esordiente. In patria prendono a paragonarlo a Füllkrug. Ma lui va molto oltre.

   

Questa è la stagione del suo capolavoro. Undav segna in Nazionale. E realizza una doppietta nel 5-1 contro il Dortmund. Restando sempre uguale a se stesso. "Quando ero piccolo incontrai un giocatore famoso e gli ho chiesto una foto – ha detto – era stressato e mi evitò. Per questo dico sempre sì ai tifosi, voglio che tutti dicano che sono un bravo ragazzo". E questa per lui è la sfida più importante. 

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