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Totti dice “sono pronto a tornare in campo". La speranza che sia una barzelletta

Furio Zara

Dall’addio al calcio dell'ex capitano della Roma sono passati sette anni. Per il rispetto che il vecchio campione deve a se stesso e all'idea del Gioco, ci auguriamo tutti che sia una boutade

L’ultima uscita di Totti – “Sono pronto a tornare: mi hanno chiamato varie squadre di A” – meriterebbe la ristampa del celebre libro di barzellette che lo vide consapevole protagonista ormai una ventina d’anni fa. Si trattava di un long seller, così come - per osmosi - è un long seller Francesco Totti stesso, a 48 anni, ginocchia cigolanti e svariate rughe a solcargli l’espressione. Per il rispetto che il vecchio campione deve a se stesso e all'idea del Gioco, ci auguriamo tutti che sia una boutade e come tale si presti al gioco perverso della comunicazione, dove ogni singhiozzo può risuonare come un annuncio al soldo del clickbait. Non fosse così, verrebbe da chiedersi se davvero tra gli amici che frequentano la sua quotidianità non ve ne sia uno così audace da prenderlo da parte e dirgli che va bene anche così, dai, su, abbiamo scherzato e buonanotte ai nostalgici.

 

Ogni lontananza porta con sé il riverbero di una nostalgia, ma dall’addio al calcio di Totti - probabilmente il più riuscito blockbuster del decennio - sono passati sette anni. E di cose, senza indugiare sul gossip, ne sono successe parecchie. E’ stato dirigente della Roma per meno di un biennio, principe senza corona e senza portafoglio. Ha frequentato il corso per prendere il patentino di allenatore, ma poi - come uno studente o troppo bravo o troppo svogliato - deve essersi stancato e l’ha data su. Ha fondato un paio di società di consulenza, senza peraltro lasciare tracce significative nella memoria dei calciofili. Ha giocato a calcio a cinque con gli amici, si è divertito con il padel. Ha infine fatto parte del cast del reality “Celebrity-Hunted: caccia all’uomo” ribadendo ancora una volta che un idolo non dovrebbe mai - potendo - scendere dal poster e confondersi con gli umani. L’esempio di un monumento come Rafa Nadal che - ahilui - ha affrontato ogni suo terzultimo, penultimo e ultimo torneo come si va al patibolo, dovrebbe restituire un po’ di lucidità a chi tra i tifosi - e non sono pochi - ritiene davvero possibile che il quasi cinquantenne Totti sia ancora in grado di marcare una differenza, manco si chiamasse Kazu Miura, l’Highlander giapponese che timbrati i cinquantasette anni sfida il giro di vento insistendo nel voler rincorrere il pallone, sebbene a latitudini più misericordiose: gioca- o almeno ci prova - nell’Atletico Suzuka, club di terzo livello che più Sol Levante non si può.

 

In un filmone americano di trent’anni fa - l’assai sottovalutato "Sommersby" - il protagonista, un Richard Gere spettinato ad arte, torna a casa dopo la guerra civile e poiché era stato fin lì dato per disperso, grande è la sorpresa dei concittadini, più di altri quella della moglie, l’incantevole Jodie Foster. Lui un po’ ci è e un po’ ci fa, mentre noi spettatori abbiamo la conferma che il mistero più grande è l’evidenza. Senza spoilerare il finale, diciamo che il dubbio sulla reale identità dell’uomo - qui va citato l’epocale Ezio Greggio in “Drive in”: “E’ lui o non è lui?” - tiene vivi gli spettatori fino all’ultima sequenza e pure oltre. Inevitabili le domande di chi assiste all’equivoco pirandelliano. I vecchi amici fingono di averlo riconosciuto per quell’antico affetto che li lega a lui? O hanno invece realizzato l’imbroglio e lo avallano per quieto vivere? Oppure - più banalmente - credono alle favole e sono consapevoli di recitare in un film dentro al film? La speranza è che a Totti all’epoca sia sfuggita la visione di “Sommersby” e che ora non cerchi la risposta.

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