l'intervista
Alice Bellandi e una ricostruzione che si è trasformata in oro olimpico
"Dopo Tokyo 2021 avevo due possibilità: lasciar perdere o ricominciare da zero. Ho ricominciato. Non puoi avere fretta in questo percorso, mettevo un mattoncino dopo l’altro. Piano piano abbiamo costruito questa cosa": la vittoria alle Olimpiadi di Parigi. Parla la judoka campionessa olimpica nei -78 kg
Dice di sentirsi libera. Ma la libertà ha un prezzo, costa le rivoluzioni. E quelle interiori sono le più dolorose. "Mi sento libera di provare ogni genere di emozione, mi sento libera nelle vittorie e nelle sconfitte. Mi sento integra". Alice Bellandi non ha conquistato (solo) l’oro olimpico nel judo e l’immortalità. Nel suo percorso c’è di più. Il tormento, la consapevolezza, l’amore, la liberazione. Parigi le ha rivelato la sua grandezza, ma da donna di valori, intelligente e sensibile, Alice ha fatto i conti col viaggio. A Tokyo toccò il fondo. Tre anni dopo è arrivata sull’olimpo. In mezzo cosa c’è? "Ci vuole la testa dura, ma per fare tanto lavoro su se stessi. È la cosa più importante. Per me la medaglia è stato l’ultimo mattoncino di questo edificio. Ha una grande importanza, senza quello non avrei concluso l’edificio come volevo. Ma la cosa che conta è tutto quello che c’è stato prima, il percorso, la storia".
La sua che storia è?
"Di rinascita. Dopo Tokyo ho cambiato tutto, mi sono messa in discussione. L’ho fatto quando nessuno ci credeva più. Io invece ci credevo. Ma avevo solo due possibilità: lasciar perdere o ricominciare. Da zero".
Ha scelto lo zero.
"Ho cambiato tutto: allenatore, psicologo, nutrizionista. E ho ricominciato. Non puoi avere fretta in questo percorso. Infatti mettevo un mattoncino dopo l’altro. Piano piano abbiamo costruito questa cosa. Tutti insieme. Io, il mio allenatore Antonio, Laura la mia mental coach, le Fiamme Gialle. Ma ci sono anche quelli che mi hanno deluso. Soprattutto dopo la medaglia, molti hanno cercato di rimediare".
Chi?
"Non faccio nomi, ma in questo percorso più sali e più la gente vuole salire sul tuo carro. Io sono una persona che fa le cose per amore e non per soldi o riconoscimenti, e mi aspetto che le persone intorno a me facciamo lo stesso. Preferisco una persona in meno che una che lo fa per un secondo fine. Devi imparare a pesare le persone. Oggi mi faccio una risata".
Due mesi e mezzo dopo l’oro quanto è cambiata la tua vita?
"Vista da fuori è figa, ma è anche frenetica, diversa. Non ero abituata, è stressante. E mi fa uscire dalla zona di comfort. Però non si sputa nel piatto in cui si mangia, uno si carica di stress e va. Non sono mai a casa seduta sul divano a non fare nulla. È un privilegio, sì. Ma ci sono anche altri aspetti. Avevo una vita normale. Ora è diversa. Mi piace, ma ho dovuto capirne le dosi".
A cosa si può paragonare una medaglia?
"A niente, è una cosa a sé. Puoi paragonare la nascita di un figlio a qualcosa? No, non puoi. È un’emozione diversa, che auguro di provare a chiunque. C’è stato molta incredulità per un po’ di tempo, c’è qualcosa di astratto e magico, come se non lo avessi fatto io".
E quindi si cerca un contatto fisico con la medaglia?
"La prima notte l’ho tenuta sopra il letto. Mi svegliavo, l’avevo messa lì per quello. La vedevo e sentivo".
Cosa si è regalata?
"Mi sono regalata la ristrutturazione del bagno, nuovo, bello, ho tolto la vasca, ho messo la doccia, ho fatto tutto in marmo e gres. E mi sono fatta la macchina. Non mi serve un macchinone".
Del bacio con la sua compagna le hanno chiesto tutto. Forse la vera rivoluzione sarà quando non ne parleremo più.
"È stato un momento molto naturale, di gioia pura, di amore, come tutta quella giornata. C’erano i miei genitori, il mio primo allenatore, tante persone importanti della mia vita".
Quanto dura la felicità?
"Il vuoto è la sensazione che vivo adesso, è complicato. Lotti un po’ tra le sensazioni, una claustrofobia, un non voler tornare però lo devi fare. All’inizio mi ero immedesimata nella vittoria, te la descrivono come la felicità eterna. Invece è un momento spettacolare e unico, ma non è eterno. La medaglia non è essere felici. E dopo l’Olimpiade ho provato questa sensazione di vuoto. Cazzo, non è possibile che io sia triste dopo un successo del genere. Invece sono umana: posso. L’accettazione di questa cosa è anche sociale. Ti dicono: “Come fai a essere triste dopo una cosa del genere?”. Ma sono associazioni sociali molto povere. E pericolose".
Come se ne esce?
"Ho fatto un percorso su di me che mi sta permettendo di percepire i momenti di allarme. E questo mi aiuta. Ho persone al mio fianco che mi supportano e mi aiutano. Non è stato facile. Ora sono in equilibrio".
Bisogna mettersi nuovi obiettivi?
"Il più grande consiglio è vivere alla giornata, trovare la felicità in un tramonto, in una birra, nel cane che ti viene a salutare. Ritrovare la felicità nelle piccole cose. Non puoi trovare la felicità in una cosa e poi non trovarla più. I miei obiettivi sono giornalieri".
A Los Angeles non ci pensa?
"No. Sulla carta c’è il Mondiale l’anno prossimo. Ma nella mia testa c’è soltanto l’oggi".