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in Eurolega

L'Olimpia Milano batte la Virtus. Tra errori e orrori, il derby europeo è l'amara fotografia del basket italiano

Umberto Zapelloni

Al Forum va in scena una partita piena di energia, che tuttavia non nasconde i limiti delle due squadre e di un intero movimento. Per i milanesi è una vittoria che muove una classifica indecorosa, ma non concede troppi segnali di fiducia. Bologna se la passa ancora peggio

Per fortuna nel basket non esiste il pareggio. Almeno il derby italiano ha mosso la classifica spaventosa di una delle nostre squadre in Eurolega. Nella notte di Halloween, Olimpia e Virtus mettono in scena una partita piena di energia, ma anche di errori e di orrori. Una partita da Eurocup, più che da Eurolega, suggerisce qualcuno. Ma è la fotografia amara di un basket italiano che non riesce a brillare ed è anche per questo che, complice il lungo weekend in arrivo, non riempie il Forum, non più generoso come un tempo con i suoi eroi un po’ troppo sbrindellati in questo inizio di stagione.

 

Alle assenze di Shields, Hackett e Pajola, si aggiunge in panchina quella di Ettore Messina da una settimana alle prese con un’otite dolorosa come i messaggi che arrivano dal campo. Alla fine vince Milano (99-90) che dopo 7 partite è alla seconda vittoria, complice anche lo storico suicidio di qualche settimana fa quando si era fatta rimontare 27 punti da Kaunas. Sopra di 9 all’intervallo l’Olimpia era riuscita ad andare sotto nel terzo quarto (66-67), la sua maledizione. Poi negli ultimi 10 minuti l’esperienza e il talento di Mirotic (19 punti e 13 rimbalzi) e Causeur (18) hanno fatto la differenza, anche se dall’altra parte Belinelli ha fatto capire che la pensione può attendere con 21 punti e Cordinier ha dimostrato di essere ancora un valore aggiunto.

 

È una vittoria che muove una classifica indecorosa per quello che spende Milano, ma non manda troppi segnali di fiducia per una squadra che ha evidenti problemi di costruzione, senza un play che sappia inventare e costruire. Gente che può bastare in Italia, ma non in Europa dove il livello è decisamente un altro. All’inizio c’era stata una fiammella di speranza alimentata dagli italiani, il solito tostissimo Ricci, il miglior Tonut della stagione e soprattutto Willy Caruso che poi però ha fatto lo spettatore, inchiodato alla panchina.

 

Se Milano non sta ancora bene, Bologna se la passa ancora peggio nonostante l’alibi delle assenze di un Zizic a meno di mezzo servizio e delle non presenze come Clyburn. Ha vissuto sulle fiammate di Toto Shengelia, ma non ha avuto la continuità per restare incollata all’Olimpia nella volata decisiva. “Abbiamo un grande desiderio di invertire la rotta, alla fine dopo gare come queste ti restano i rimpianti e il peso e la fatica accumulata. A questi livelli ti confronti con i migliori talenti d’Europa, in un tipo di pallacanestro che assorbe tanta energia. Facciamo fatica a garantire minuti di riposo a giocatori chiave come dovrebbe essere normalmente e non in una situazione di emergenza come questa”, ha detto Banchi, battuto, ma non piegato.

 

Non è l’inizio della campagna europea che ci aspettavamo dalle nostre squadre che sono ancora nel bel mezzo di lavori in corso che chissà dove porteranno. Milano è uscita dal fondo della classifica, Mario Fioretti, una vita all’Olimpia, in panchina al posto di Messina, si è messo una medaglia al petto. “Abbiamo bisogno di lavorare e crescere. Ci vuole del tempo, siamo una squadra nuova, con giocatori nuovi in ruoli chiave. Un processo che speriamo non sia troppo lungo e diminuiscano un po’ i momenti in cui facciamo più fatica. La fiducia viene dal lavoro insieme e conoscersi sempre meglio, anche i propri limiti e le qualità”. Potrebbe essere un punto di partenza, magari aspettando che dal mercato arrivi qualcuno che possa far cambiare marcia. Almeno ha aggiunto un po’ di morale perché non si poteva continuare a perdere in casa. Milano aveva un altro progetto in testa per questa stagione, aveva aggiunto centimetri e fisicità per essere protagonista anche in Eurolega. La missione per ora è fallita, ma la strada è ancora lunga.