Un ritiro dalle competizioni, non dal mare. Intervista a Caterina Banti
L'addio alle regate della due volte oro olimpico nel Nacra 17: "Ogni volta che vedo il mare mi riempio di felicità. Sono tornata in acqua alla Barcolana e voglio rifarlo. C'è un'energia che ti rimane dentro. Sto curando vari acciacchi, appena posso torno. Non c’è distacco, è solo un ritiro dall'attività agonistica"
Gli occhi brillano e diventano quasi del colore del mare quando a Caterina Banti si chiede del suo elemento, anche ora, dopo il ritiro. La stessa luce si scorge ricordando il sapore del pain au chocolat, addentato per la prima volta dopo otto anni a Parigi, dove ha conquistato il secondo oro olimpico nel Nacra 17 con Ruggero Tita.
Cosa c’è nel futuro?
Farò un master in comunicazione e lobby e il corso in management olimpico al Coni. Vorrei dare una mano alla vela o allo sport a livello dirigenziale e trovare un progetto sportivo amatoriale. Non faccio parte di un gruppo militare, devo cercare un lavoro, per questo il master, anche se sono laureata in lingue orientali. Vorrei comprare casa al mare: sono tanti i sogni, cose messe da parte quando non c'era tempo.
Ora cos’è la vela? Sarà un hobby?
Senza dubbio. Ogni volta che vedo il mare mi riempio di felicità. Sono tornata in acqua alla Barcolana e voglio rifarlo. C'è un'energia che ti rimane dentro. Sto curando vari acciacchi, appena posso torno. Non c’è distacco, è solo un ritiro dall'attività agonistica: la vela resterà sempre e pure lo sport.
Cosa le ha insegnato?
Ad adattarmi velocemente. In mare le condizioni cambiano all’improvviso, si deve sempre rimanere lucidi, trovando una soluzione. Se ho una difficoltà, vado avanti.
Il primo ricordo?
Il primo corso di vela a 13 anni sul lago di Bracciano, con un ragazzo più grande su una barca grande.
Ha dovuto prendere 10 kg, che percorso è stato?
Le nuove classi olimpiche richiedono una preparazione fisica specifica in base ai ruoli e in base all’imbarcazione. Dovevo essere 70 kg per andare in barca con Ruggero e ne ho presi 10 velocemente. Mi ingozzavo: all’inizio, ho messo su un po' di ciccia e poi sono riuscita a mettere più massa magra che grassa. Ogni donna ha avuto problemi con il proprio fisico, soprattutto ora che siamo tartassati da foto di ‘superfighe’. Tutti da piccoli sono stati presi di mira, anche a me è successo, ero cicciottella e in adolescenza ho avuto problemi. Lo sport mi ha aiutato ad accettarmi fisicamente e come persona. Ho preso peso per raggiungere un obiettivo agonistico, è un percorso di crescita, il fisico come strumento.
In cosa differiscono l’oro di Tokyo e Parigi?
È stato diverso e difficile vincere un'Olimpiade e ripetersi. Nel 2020 c’era il Covid, siamo stati fermi qualche mese e abbiamo avuto un anno in più. Non sapevo cosa aspettarmi era la prima volta e volevamo far bene. Parigi è stato più rapido, ma con più consapevolezza e maturità, da atleta e persona. Per rivincere dovevamo guardarci nel profondo, rivedendo l'allenamento e cose dell'imbarcazione. Le esigenze erano diverse e il nostro rapporto professionale ed umano è cambiato. Ci sono state difficoltà poi superate.
Senza l’oro avrebbe continuato?
Avrei lasciato a prescindere. C’è un tempo per tutto: fisicamente ho dato il massimo non amo strafare. Ho cominciato relativamente tardi e raggiunto l’apice, concentrando tutto in poco tempo. Con Ruggero abbiamo condiviso otto anni di felicità e difficoltà. È un rapporto professionale: in barca deve esserlo per raggiungere risultati. Ci siamo conosciuti profondamente, in un contesto in cui si è sotto pressione, senza maschere. Siamo diversi ma simili: lavoratori, determinati, umili e complementari. Da subito abbiamo raggiunto risultati senza dover costruire l’intesa.