la Serie A
Il basket di Galbiati fa di nuovo sognare Trento
Dopo la vittoria da record sull’Olimpia Milano, l’Aquila si conferma capolista a sorpresa di questa Serie A: merito dell’ennesimo progetto low-cost, che attorno al giovane allenatore ha ritrovato i migliori numeri dai tempi di Buscaglia
Paolo Galbiati si è limitato a dire che “è stata una bellissima serata, fra 48 ore saremo di nuovo in campo”. Nessun indizio di gloria. Eppure non capita tutti i giorni di battere una corazzata come l’Olimpia. Non capita praticamente mai di spazzarla via. La sua Trento ci è riuscita con un perentorio 91-57: il peggior ko degli ultimi 16 anni di storia biancorossa (dal -46 contro Siena nel 2007, sul parquet dell’allora MontePaschi), la peggior performance offensiva dall’aprile 2016. Soltanto che questa Milano è campione d’Italia da tre tornei consecutivi. Passi il rodaggio autunnale, passino le fatiche di Eurolega, i numerosi infortuni. Al PalaTrento i ragazzi di Ettore Messina hanno lasciato qualcosa più di due semplici punti. Mentre quelli della Trust Aquila Trento guidati da Galbiati hanno messo il punto esclamativo attorno a un’ambizione sportiva che il coach brianzolo – comprensibile accorgimento – cerca di minimizzare.
Dopo sei giornate di Serie A, i numeri però tradiscono qualcosa di notevole. Trento è capolista, imbattuta, prima per rimbalzi (43,3 a gara) e chirurgica da oltre l’arco (41,1 per cento). Contro Milano ha dato il meglio della sua pallacanestro, fatta di ritmi forsennati, difesa e atletismo. Un exploit collettivo condito dai 16 punti dell’inossidabile Toto Forray: capitano 38enne, la canotta bianconera addosso sin dal 2011, quando Trento giocava ancora fra i dilettanti. Lui è stato il primo tassello. Galbiati quello decisivo per riaprire un ciclo. Anche l’anno scorso, appena arrivato nelle Dolomiti, la sua squadra era partita a mille salvo poi accusare un brusco calo di rendimento. Nel momento più delicato, la società ha deciso di rinnovargli il contratto fino al 2027. E Trento si è ritrovata nel finale, centrando i playoff e spaventando al Forum proprio l’Olimpia all’alba della cavalcata scudetto.
Era pur sempre un’annata sperimentale. In estate è seguita una mirata campagna acquisti: Cale e Zukauskas arrivano da serie minori europee, Lamb e Ford dalla lega satellite dell’Nba. Saliou Niang, classe 2004 e fattore sotto canestro, è praticamente cresciuto in casa. Sono tutti tra i nuovi protagonisti odierni, all’interno di un roster allestito con poco più di un milione di euro. Per intenderci: quello dell’Olimpia vale 15 volte tanto. E almeno altre cinque squadre di Serie A hanno speso più di Trento. Da queste parti però c’è l’abitudine a fare tanto con poco. Dal 2013, l’anno della promozione, l’Aquila ha centrato i playoff in 8 occasioni su 10: nelle altre due, una volta non si sono disputati (causa Covid, 2020) e l’altra (2022) è stata quella che ha convinto il presidente Longhi a cambiare timoniere. A ricostruire.
Nessuno aveva più ritrovato gli acuti dell’èra Buscaglia e delle due finali scudetto di fila. Trento ha scelto Galbiati anche per questo: un allenatore emergente – è appena due anni più anziano di Forray –, discepolo di Banchi e Trinchieri, ma già capace di lasciare il segno. Soprattutto a fari spenti. Riecheggia ancora quel 2018, quando fu chiamato a traghettare un Auxilium Torino in condizioni critiche: due settimane dopo avrebbe alzato la Coppa Italia, l’unico trofeo di un club prossimo alla sparizione. Si capisce allora perché il colpaccio su Milano va relegato a ordinaria domenica. Si vedrà, poi e meglio. All’Aquila riesce così. A Galbiati pure.
Gli scacchi presi con filosofia