l'intervista
A Parigi 2024 Alberto Amodeo è nuotato via dall'ansia
"Mi piaceva nuotare: arrivo dalla pallanuoto, ma andare avanti e indietro, senza palla, non mi convinceva, il nuoto era preparazione atletica, non divertimento. Mi hanno fatto capire che poteva esserlo". Parla il campione paralimpico
Al centro del mondo del nuotatore paralimpico Alberto Amodeo ci sono le persone (di recente ha aperto il suo cuore alle famiglie del centro David Lloyd Malaspina di Milano): sono loro che rendono unico il suo percorso, costruito mattone dopo mattone come i lego che ama tanto. In camera, tra quelli a cui è più affezionato c’è un carosello con i cavalli, regalato dal nonno e altri due che ricordano i Giochi di Tokyo. Mancano quelli commemorativi delle medaglie (due ori e un bronzo) conquistate a Parigi, al suono delle canzoni “brutte” di musica elettronica, che però, danno la carica. Quella musica che ha iniziato ad ascoltare in ospedale, dopo l’amputazione della gamba destra, a seguito di un incidente in una cava a 12 anni.
Se dico Parigi?
Penso alle persone che erano lì. Come a Tokyo, i primi che ho visto sono stati Simone Barlaam e Federico Morlacchi. Hanno rotto ogni cordone di sicurezza per abbracciarmi, un momento bellissimo. Poi gli abbracci con i miei familiari, la mia ragazza, gli allenatori e gli amici.
Con Simone e Federico avete la pagina IG “Le Tre Gambette”…
È nata per caso, mentre aspettavamo il volo di rientro da Tokyo. Avevamo una valanga di foto stupide, di cavolate fatte al villaggio e le abbiamo condivise. Siamo “ignoranti”: non vogliamo essere visti solo come atleti che pensano h24 alle gare, in acqua sì, ma il resto va goduto con gli amici, staccando il cervello, altrimenti è impossibile.
Le persone l’hanno resa lo sportivo che è?
Assolutamente sì. Mi piaceva nuotare: arrivo dalla pallanuoto, ma andare avanti e indietro, senza palla, non mi convinceva, il nuoto era preparazione atletica, non divertimento. Mi hanno fatto capire che poteva esserlo. Sono stati gli allenatori a credere in me, a darmi obiettivi che sembravano impossibili. Mi sono affidato a loro e mi hanno reso la persona che sono.
Ha realizzato quanto fatto a Parigi?
Ho passato così tanto tempo ad aspettare le Olimpiadi che l'idea che siano passate è strana. Ogni tanto mi rendo conto di ciò che è successo: è stato incredibile, quando rivedo le foto e le medaglie rivivo quelle emozioni.
Cosa l’ha sorpresa?
Ero sereno. Spesso, prima delle gare, ho sofferto di ansia pensando di dare tutto per riscattare i frutti di un anno di lavoro. Questo atteggiamento talvolta mi ha fermato. A Parigi ero tranquillo, sapevo di star bene, non vedevo l'ora di gareggiare. Il contesto era incredibile… mi spaventava nuotare davanti a 17.000 persone. Entrando in vasca tutto è svanito, ero contento.
Che ha pensato dopo il primo oro?
Ce l'ho fatta, ho lavorato per confermare gli ori del Mondiale 2023. Vedendo il livello degli avversari, sembrava quasi impossibile: è stato più difficile di quello che pensassi alla partenza. Essere riuscito alla prima gara a portare a casa l’oro, mi ha soddisfatto e tranquillizzato per le altre gare.
L’oro olimpico è sinonimo di felicità?
Un po' sì, è una cosa che ho sognato e avere la medaglia tra le mani mi riempie d’orgoglio.
Cos’è per lei il nuoto?
È ciò che mi ha dato un po' di fiducia in me, so che se voglio qualcosa sono in grado di dedicarmi al 100% e di trovare un modo. È quotidianità, parte di me, non sarei quello che sono. Mi ha permesso di fare esperienze incredibili e di conoscere belle persone.
Il Foglio sportivo - In corpore sano