Giocatori della Roma dopo la sconfitta contro il Bologna (foto LaPresse)

Roma Capoccia

La tragicommedia della Roma che sognava in grande e che solo Ranieri è disposto ad allenare

Giovanni Battistuzzi

I giallorossi hanno conquistato tredici punti in dodici partite e sono a centro classifica. Dopo Daniele De Rossi hanno esonerato anche Ivan Juric e ora, dopo diversi no, cercano qualcuno disposto a sedersi in panchina

Pora Roma, addiventata Rometta / senza guida e senza ‘na ricetta / pe’ esse grande come te spetta / ce sta solo caciara e ‘na gran fretta / li mortacci loro e de sta Giannetta. Si disperò in rima Renato Rascel quando prese la parola all’adunata dei tifosi della Roma davanti la statua di Giuseppe Gioachino Belli a Trastevere sul finir del novembre del 1975. Una poesiola “ridicola” perché “la Roma è cosa seria che fanno sempre sembrare ridicola”. L’artista romano ce l’aveva con il presidente Gaetano Anzalone, l’uomo che nel 1971 aveva rilevato la Roma da Alvaro Marchini promettendo magnifiche sorti future, grandi vittorie e un cambiamento radicale, all’americana. Aveva grandi idee Gaetano Anzalone, “e pure li sordi”, ma “nun ce voleva mette ‘na lira bucata”, disse sul finire degli anni Settanta Alberto Sordi, sottolineando che a Roma tutti volevano fare gli americani, ma erano tutti Nando Mericoni, il personaggio che interpretava in “Un americano a Roma”. “Ce vorrebbero davvero gli americani pe’ fà vincere la Roma”. 

 

Gli americani alla Roma sono arrivati davvero. E ormai diversi anni fa. Di vittorie però non se ne sono viste. Né con il tanto odiato James Pallotta, a un certo punto per i tifosi diventato la causa di tutti i mali giallorossi, né con i Friedkin. E sì che erano stati accolti nel 2020 come salvatori, erano stati esaltati per l’arrivo di José Mourinho e per la vittoria in Conference League, primo trofeo internazionale del club. Ora sono invisi peggio di un Pallotta qualsiasi. 

 

Sta messa male la Roma. Eppure di soldi ne sono stati spesi e i progetti sono quelli di aumentare gli investimenti. A patto che si faccia lo stadio. E quando c’è di mezzo uno stadio a Roma i tempi sono geologici.

 

Sta messa male la Roma. A metà classifica in Serie A con tredici punti in dodici partite, tra l’altro dodici in meno della Lazio. Si trova lì dove non si immaginava di essere, perché erano altre le speranze. Forse pure i progetti, sempre che di progetti si possa parlare. Perché quello che è accaduto negli ultimi due anni a Trigoria sembra essere figlio più del caos che di una progettualità. A tal punto che sembrano attualissime le parole di Renato Rascel, “ce sta solo caciara e ‘na gran fretta”. Quella che ha allontanato Daniele De Rossi, reo di non aver iniziato bene la stagione, almeno ufficialmente. Soprattutto colpevole di aver convinto Paulo Dybala a rimanere. Sono voci, ma che vengono dalla società e confermate al Foglio da chi nella dirigenza del club ci lavora. 

 

La gran fretta ha esasperato la caciara. La cacciata di Daniele De Rossi era preparata, quella del suo successore, Ivan Juric, molto meno. La pausa del campionato per le partite delle Nazionali ha fatto credere alla società di poter gestire al meglio la situazione. Un giorno, massimo due, per trovare una soluzione definitiva. Non avevano messo in conto i no. Sarebbero stati tre, ma c’è chi all’interno della società arriva pure a quattro. Allenare la Roma, questa Roma, in questa situazione e in questo clima non è allettante per nessuno. Uno deve avere buone ragioni. E la miglior ragione è avere un legame affettivo con i colori.

 

Per questo hanno chiesto a Claudio Ranieri di tornare. È tornato.

Di più su questi argomenti: