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Il Foglio sportivo

Tra Billie Jean King e Davis, la grande bellezza dell'Italtennis

Giorgia Mecca

In questo 2024 sembra che si tengano per mano tutti quanti, il numero uno, la numero 4, il numero 35 Matteo Berrettini e la numero 104, Sara Errani. Singolo e doppio, provincia e capitale, gregari e fuoriclasse, uomini e donne

Reggio Calabria 2009, si chiamava ancora Fed Cup. Sara Errani aveva 22 anni e durante la stagione precedente aveva esordito nello squadrone formato da Schiavone, Vinci e Pennetta. Il suo primo doppio lo giocò contro la Spagna in coppia con Tathiana Garbin. Nel 2009 Barazzutti schierò per la prima volta il doppio Errani-Vinci: finale Italia contro Stati Uniti (senza sorelle Williams), vinsero le azzurre 4 a 0. Quei giorni furono l’alba di una nuova era, i primi sorrisi del nuovo millennio. Qualche mese più tardi, nel 2010, sarebbe arrivato il primo Slam del d.P.P (dopo Pietrangeli e Panatta) con Francesca Schiavone al Roland Garros e la seconda Fed Cup consecutiva. 

 

Sara Errani era giovanissima, ogni tanto serviva dal basso per non dare riferimenti alle avversarie. Dalla Calabria alla Spagna, oggi che gli anni sono 37 e le presenze con la maglia della Nazionale 50, record, ogni tanto le capita ancora di rischiare lo stesso servizio dal basso. Lo ha fatto anche lunedì scorso in semifinale, durante il match point del doppio decisivo contro la Polonia di Iga Swiatek, in coppia con Jasmine Paolini, sua compagna di oro olimpico a Parigi 2024, quel sogno nel cassetto rimasto fermo da Pechino 2008. 

 

In un mondo di Sinner, Berrettini e Musetti, due anni fa non era così semplice dare credito a un gruppo di ragazze non più giovanissime, fuori dalla top 30 e con un palmarès neanche lontanamente simile a quello degli uomini. La capitana Tathiana Garbin ha fatto i conti con quello che c’era e ha scoperto molto prima di tutti gli altri che c’era, o ci sarebbe stato, parecchio materiale con cui festeggiare. Negli ultimi 10 anni la si è vista in giro per tutti i circoli d’Italia a cercare le promesse, studiarle, fare il tifo per loro. 

 

Nel 2023 quella squadra di underdog è arrivata in finale alla Billie Jean King Cup. Paolini stava arrivando, Garbin è stata una delle prime a intuirlo. In quell’occasione la capitana ha raccontato di avere un tumore e di doversi fermare per un po’ di tempo per curarsi. Dodici mesi dopo, con la coppa del mondo tra le mani, ha raccontato: “Prima del mio secondo intervento le ragazze sono venute a trovarmi a Pisa con la nostra foto incorniciata. Non ho smesso per un attimo di guardare quella foto”. 

 

E in quella foto c’è un gruppo di ragazze che arriva dalla provincia, che conosce il tennis lontano da Wimbledon e dai prize money milionari, che sa cosa significa la gavetta, 25 anni e avere la sensazione che manchi sempre qualcosa. Lucia, Jasmine, Sara, Martina, Elisabetta: ognuna di loro sa cosa vuol dire essere eliminate al primo turno, passare dalle qualificazioni, sperare in una wild card, avere 37 anni e girare il mondo un torneo alla settimana, in singolo e in doppio, nei circuiti Challenger dopo aver giocato la finale al Roland Garros, in un campo sperduto in Messico quando hai vissuto l’applauso del Philippe Chatrier. Sara Errani non parla mai della sua vita precedente. Quattro delle cinque vittorie della squadra italiana portano il suo nome, il suo servizio dal basso e i suoi sogni rimasti intatti nonostante le tempeste. 

 

Nel tennis made in Italy, è sempre successo che le donne cedessero il passo agli uomini e viceversa. Il circuito maschile non ha mai viaggiato contemporaneamente e alla stessa velocità con quello femminile. In questo 2024 sembra che si tengano per mano tutti quanti, il numero uno, la numero 4, il numero 35 Matteo Berrettini e la numero 104, Sara Errani. Singolo e doppio, provincia e capitale, gregari e fuoriclasse, uomini e donne. L’Italtennis 2024 è davvero una bella storia.

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