Il Foglio sportivo
“Quando Senna firmò per la Ferrari”
L’aritmetica racconta che con lui la Ferrari ha conquistato 25 podi e 9 vittorie su 36 Gran premi, sfiorando il Mondiale con Prost nel 1990. La vita, le vittorie e i segreti di Cesare Fiorio nel libro scritto da suo figlio Cristiano
Nel libro che Cristiano Fiorio ha scritto su suo padre Cesare non c’è solo la storia di uno dei dirigenti più vincenti della storia del motorsport italiano. C’è molto di più, anche se basterebbe raccontare quello che ha vinto in strada, in pista e in mare per completare un’opera che prima di tutto trasmette l’amore e l’ammirazione di un figlio. Perché Cesare Fiorio oltre a essere stato tutto quello che sappiamo, deve essere stato anche un gran padre, nonostante fosse sempre in giro per il mondo. Come minimo ha trasmesso del grande dna visto che Alessandro è diventato uno dei migliori piloti di rally della sua epoca, Giorgia ha fatto l’attrice e la cantante prima di sfondare nel mondo della fotografia e Cristiano, l’autore della biografia, è appena stato nominato Marketing e Communication global di Alfa Romeo.
Il racconto di Cesare comincia con la storia di suo padre Sandro, imprenditore, manager, eroe della Resistenza e soprattutto grande appassionato di auto tanto da arrivare a modificarsi una Lancia per correre, una Lancia diventata Lancia Fiorio. Il piccolo Cesare che ha trascorso i primi anni di vita a Cervinia, in una casa a metà strada tra una casa di montagna e una baita, con un nome che raccontava tutto, “Freddolina”, capiva che il padre stava tornando a casa dal rombo che arrivava da fondo valle. Quel suono e i racconti del padre, che spesso a casa si metteva a lavorare sui disegni di motori e telai, gli hanno trasmesso una passione che non è mai andata via e lo ha seguito fino in Puglia dove è andato a vivere in una masseria con camere, ristorante e ovviamente pista da rally dove da qualche anno si corre il Trofeo Fiorio che in questa stagione è stato vinto niente di meno che da Kalle Rovampera, il baby campione finlandese arrivato in Puglia con la mamma a fargli da navigatrice.
Il piccolo Cesare, nato il 26 maggio del 1939, imparò a sciare a due anni e a guidare dieci anni dopo: “Nonno Sandro l’aveva avviato alla guida quando era appena dodicenne. Lo mise in grembo e gli spiegò come usare i pedali, il volante, il cambio”. A 18 anni si comprò a Genova la sua prima auto, una Appia Zagato. E lì comincia l’avventura con lo pseudonimo “Carioca” che però venne smascherato dalla Stampa che, alla sua prima vittoria in pista, scrisse: “Al circuito di Monza vince Carioca, pseudonimo di Cesare Fiorio”. Erano ancora gli anni dell’università (si laureerà in Scienze Politiche), quelli in cui si innamorò di Francesca, la prima moglie e la madre dei tre figli (Alex è nato nel 1965, Giorgia nel ’67 e Cristiano nel ’72). Il suo primo lavoro fu in una concessionaria Lancia di Torino, la Lancar: doveva vendere auto usate. Un anno dopo era già responsabile dell’officina. Ma non durò molto. Una sera, era il 1963, tornò a casa con un mazzo di fiori e una bottiglia di vino dicendo alla moglie: “Devo farmi perdonare per tutti i weekend in cui non potrò portarti al mare: apro una squadra corse con due amici”. Altri due matti dei rally come lui. Quella squadra era la HF Squadra Corse, prendendo a prestito il nome di un vecchio programma della Lancia inventato proprio dal padre di Cesare. La Lancia accettò a patto che venissero usate solo le loro auto. Arrivarono così gli elefantini rossi che ancora oggi simboleggiano le Lancia da rally.
Non passò molto tempo che quella Squadra si trasformasse nel Reparto Corse della Lancia, affidato naturalmente a Cesare Fiorio. Per raccontare quello che ha combinato con quella squadra bastano le cifre: vinse 18 titoli mondiali, 10 mondiali rally costruttori (7 con Lancia e 3 con la Fiat), 5 titoli piloti (con Munari, Alen, Röhrl, Juha Kankkunen e Miki Biasion) e per finire 3 mondiali marche con Lancia nell’endurance. Con un curriculum così non poteva che aspirare alla Ferrari che, alla fine degli anni Ottanta, dopo la morte dell’ingegnere, era in piena crisi. Nel marzo 1989 arriva la chiamata e Fiorio non si smentisce: pronti via la Ferrari vince con Mansell la prima gara del campionato a Rio. L’aritmetica racconta che con lui la Ferrari ha conquistato 25 podi e 9 vittorie su 36 Gran premi, sfiorando il Mondiale con Prost nel 1990. Ma il capolavoro di Fiorio è quello che non si è realizzato per colpa del presidente dell’epoca, Fusaro. Fiorio aveva ingaggiato Ayrton Senna. Aveva la firma del brasiliano su un contratto che ora custodisce nella cassaforte della Masseria Camarda. Cristiano lo racconta bene nel primo capitolo, intitolato “San Paolo del Brasile 26 marzo 1990”. Racconta Cristiano: “Per mio padre, Senna era il migliore tra tutti, era tutta un’altra categoria per classe, genio e talento, probabilmente con un lungo futuro di vittorie davanti. Ed era anche con tutta evidenza il più amato dal mondo che gravitava intorno ai circuiti. Prost era un grande, papà lo apprezzava molto, ma l’asso era Senna”. Quel giorno Fiorio, dopo aver vinto ancora in Brasile con Prost, invece di tornare in Italia con la squadra, andò a casa di Ayrton che aveva incontrato in privato per la prima volta un anno prima a Monaco. “La trattativa fu svolta a quattrocchi, in piena e reciproca fiducia, in un’atmosfera rilassante e piacevole. Ognuno mise sul tavolo le proprie esigenze e ragioni e poi cercò di comprendere quelle dell’altro. Si arrivò a un accordo di massima con garbo, dopo un pranzo con tutta la famiglia. Se la contrattazione si arenava su un certo punto, Ayrton proponeva: ‘Cosa dici, usciamo un attimo nel giardino? Facciamo due passi e poi riprendiamo a parlare. Vedrai che nel frattempo il nodo sarà pronto a farsi sciogliere’.
Ed effettivamente non si sbagliava. In meno di dieci ore, si trovò un accordo di massima”. Si parla dei tecnici, della F40 che Ayrton avrebbe voluto, del suo compagno di squadra che sarebbe stato Patrese. Ogni dettaglio viene completato. Il pre contratto firmato arrivò sul fax della Ferrari alle 17.30 del 9 luglio, il giorno dopo un’altra vittoria (la centesima della Ferrari) di Prost al Gran premio di Francia. Tutto era fatto. Non restava che annunciarlo al consiglio. “Ci siamo. Senna è nostro. Chiede solo alcune piccole concessioni… Tutti i benefit e il compenso di Senna messi insieme non superano il tetto di budget che mi avete autorizzato. Quindi…”. Ma in quel momento, invece di stappare lo champagne, il presidente Fusaro comincia ad avere dei dubbi: “Costa più di Prost e Prost quest’anno sta vincendo più di lui…”. Che cosa accadde lo racconta Cristiano: “La verità è che Fusaro, per prendere potere, aveva scavalcato Cesare nel suo ruolo: mentre mio padre trattava con Senna, Fusaro era andato da Prost, dicendogli della trattativa e rassicurandolo sul fatto che l’avrebbe protetto perché rimanesse in Ferrari… Fusaro ha poi dato la sua versione della storia. Ognuno può dire ciò che vuole e smentire la realtà dei fatti, ma questo è certo: Cesare era il capo della gestione sportiva della Ferrari e aveva il potere e le deleghe per trattare con Senna”.
Il resto è noto. L’anno dopo saltarono sia Fiorio che Prost che poi si ritrovarono nel team del Professore. Per Cesare l’avventura Ferrari era finita malamente. Avrebbe cambiato la storia prima dell’arrivo di Schumacher e probabilmente avrebbe salvato anche la vita a Senna. A Cesare non restarono che le parole dell’Avvocato: “Mi dispiace moltissimo per tutto quello che è successo. Io non ne sapevo assolutamente nulla e sono esterrefatto. Lei sa, vero, che ha sempre avuto tutta la mia stima?”.
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