Il Foglio sportivo

Spreen, influencer-calciatore per 52”

Fulvio Paglialunga

Il ragazzo da otto milioni di follower su Youtube, sette su TikTok e cinque su Instagram, è stato schierato titolare nel Deportivo Riestra nella partita contro il Velez Sarsfield senza conoscere i modi basilari per stare in campo con una squadra

Carlos Henrique Raposo passò una vita a spacciarsi come un calciatore, senza esserlo. Usava una serie di stratagemmi per arrivare nelle società più importanti e le ingannava. Si diede un soprannome pomposo (Kaiser), trovò gli amici giusti, ad alcuni presidenti propose accordi commerciali e riuscì a essere tesserato, negli anni Ottanta, per Botafogo, Fluminense, Flamengo e Vasco da Gama, i quattro più grandi club di Rio. Senza però giocare mai, fingendosi infortunato, trovando altri pretesti, espedienti creativi. Perché non sapeva giocare.

 

Anche Iván Buhajeruk, ma parliamo di questi giorni, non sa giocare a calcio. Il soprannome ce l’ha, ma gli serve per altro: si fa chiamare Spreen, di mestiere fa lo streamer, ha milioni di seguaci online che per la maggior parte del tempo lo vedono impegnato con i videogiochi più popolari, in diretta. Alla luce del sole, nello stesso modo in cui ha raggiunto la popolarità, ha prodotto uno dei più grandi inganni dell’ultimo decennio, forse il punto di non ritorno della trasformazione del pallone in un’azienda, l’ultima deriva del marketing. Un processo anche legittimo, quello della conversione del più grande spettacolo del mondo in business, perché i tempi costringono all’adeguamento e il denaro è parte necessaria per lo sviluppo, ma che forse in Argentina ha portato i sentimenti così in basso che chiunque dovrebbe dire “no, fino a qui no”. 

 

È successo nella Primera División, la loro serie A, non in una sperduta periferia del pallone. Spreen, ventiquattrenne da quasi otto milioni di follower su Youtube, sette su TikTok e cinque su Instagram, è stato schierato titolare nel Deportivo Riestra nella partita contro il Velez Sarsfield, in quel momento capolista. Senza avere alcun talento per il pallone, senza conoscere i modi basilari per stare in campo con una squadra. Solo in quanto influencer noto tra i ragazzi, solo in quanto testimonial delle bevande dell’azienda del presidente. Annunciato tra le fanfare (social, ovviamente), Spreen ha da subito indignato i commentatori di Tyc Sports che non sono riusciti a capacitarsi di come ci fosse in una partita di massima divisione qualcuno che non sapesse nemmeno dove andare. E, infatti, è stato in campo 52 secondi (78 se si conta il tempo impiegato per lasciare il campo al sostituto, un calciatore vero), non ha mai toccato un pallone e per farlo uscire hanno volutamente provocato un fallo.

 

Cinquantadue secondi sono bastati per mettere il calcio di fronte a un bivio. Perché questo non è l’inganno di Raposo, tanto divertente da creare un calciatore leggendario, ma un’operazione studiata, una mossa a favore di smartphone (non è un caso che su X, dove un post del Deportivo Riestra fa abitualmente qualche migliaio di interazioni, quelli che parlavano di Spreen hanno rapidamente superato i quattro milioni), una genuflessione al denaro racchiusa dalle parole dell’allenatore Cristian Fabbiani: “So che Spreen fa vendere le lattine, so che le lattine mi pagano”. Il calcio, però, è una cosa molto più seria di un circo per giovani diventati famosi giocando a Minecraft davanti a una telecamera e ha attivato gli anticorpi. L’inchiesta aperta dalla Federcalcio argentina ha un tono perentorio e l’obiettivo nobile di verificare che non ci siano stati “possibili comportamenti che potrebbero danneggiare la reputazione di integrità del calcio argentino”: lo ha chiesto al suo tribunale etico, perché di etica si parla.

 

Del calcio che è un sogno per bambini e non per scrollatori compulsivi, ed è la fotografia che proprio a fine partita ha fatto di Braian Romero, capocannoniere del Velez, che ha visto in questo tentativo “un messaggio sbagliato inviato ai bambini, a chi tenta con enormi sacrifici. Il calcio non è questo, è provare e fallire e riprovare”, perché poi ti alleni sperando di farcela e invece ti basta un grosso seguito di follower e nessun altro talento per esordire in serie A. Il Deportivo poi si è scusato, ma non prima di aver mostrato i numeri realizzati su ogni social (la somma fa quasi 250 milioni di interazioni) e venendo a sapere che c’è anche un’inchiesta su un’impennata di scommesse legata proprio alla presenza in campo di Spreen. Che forse non giocherà più, ma probabilmente bastava questo caos per vendere lattine, diventare virali e quindi obiettivo raggiunto. Resta però il punto più basso, non un gioco come quello del Kaiser brasiliano. Perché Raposo confessò il suo intento, almeno: “Le squadre fregano così tante persone, che qualcuno doveva fregare loro”. Qui, invece, sembrano aver tentato di fregare tutti.