Il terzino del Milan Emerson Royal durante Milan-Juventus 0-0 (foto LaPresse)

Ocio però #13

Gli zeroazero sono una spinta alla creatività

Giovanni Battistuzzi

Milan-Juventus poteva essere riassunta in poche decine di secondi su YouTube, il canale della Serie A ci ha riempito quasi due minuti

Forse non è corretto definirli rari, al massimo non comuni, o desueti, certo è che quando una partita finisce 0-0 subentra un filo di stupore, che assomiglia a un leggero fastidio. Non ci siamo più abituati a quello che era un classico dei fine settimana di Serie A. Gli zeroazero sono un’occasione mancata, nemmeno il nostalgismo imperante che gravita attorno al calcio italiano riesce a renderli apprezzabili. Certo ci sono zeroazero e zeroazero, alcuni buoni comunque a riempire i necessari highlights (dicono che i ragazzini guardano solo quelli, anche se di ragazzini allo stadio, nei squadraqualsiasi club, e davanti alla televisione ce ne sono ancora parecchi) altri invece no, sono semplicemente uno strazio. Ocio però a dire che non servono a niente gli zeroazero noiosi. Il canale YouTube della Serie A è riuscito a riempire oltre centoventi secondi di azioni per Milan-Juventus. Ne sarebbero bastati molti meno, tipo una decina, forse due decine al massimo. Gli zeroazero sono una spinta alla creatività, un inno alla futilità e dal futile spesso prende spunto il bello.

  

Certo non è il caso di Milan-Juventus. Però è inutile cedere al catastrofismo. Il Milan è al primo zeroazero stagionale. La Juventus invece ha strappato il quinto dei dieci zeroazero che sino a oggi ha offerto la Serie A. Il fatto che i bianconeri si trovino al sesto posto in campionato a cinque punti dalla vetta con la miglior difesa – sette reti subite appena in tredici giornate – fa capire molto che, nonostante i tre punti, tutto sommato un pareggino non è granché male.

     


Questa è Ocio però, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sul campionato di calcio italiano, un piccolo breviario per evitare di prendere troppo sul serio la giornata di Serie A appena giocata


     

Subire pochi gol però non è più sinonimo di tranquillità. Certo il Napoli è primo, la Juventus sesta, l’Empoli decima, ma il Monza, che per tenuta difensiva è tra le migliori del campionato gravita malamente in zona retrocessione. Ocio però che la squadra di Alessandro Nesta sembra essere vittima di un errore di posizione: ha già incontrato sei squadre delle prime otto e ha finalmente trovato un equilibrio offensivo nonostante le troppe cessioni importanti nel calciomercato estivo. Chi chiede alla società un cambio di guida tecnica forse non spicca per lungimiranza. Soprattutto alla luce di come sono andate per ora le cose a chi ha deciso di cambiare allenatore. 

 

Ogni riferimento al Genoa è del tutto casuale. Non è vero. Patrick Vieira ha sostituito Alberto Gilardino nonostante il tecnico avesse tenuto a galla una squadra spolpata dai suoi giocatori più importanti negli ultimi giorni di mercato. Avrà tempo, si spera almeno per l’allenatore francese, per dimostrare di essere un buon tecnico. Ocio però che di tempo non ce ne è mai, perché più le vittorie tardano ad arrivare più l’idea che cambiare sia necessaria rimbomba nella testa di dirigenti che fanno fatica a dirigere guardando sul medio lungo periodo. E non è qualcosa legata alla fretta o a “i tempi moderni caratterizzati da troppi imput e troppa frenesia”. C’entra niente tutto questo. È che non sanno proprio come si programma un percorso di crescita e che ogni percorso di crescita necessita di equilibrio e assestamento.

 

E in questo caso ogni riferimento alla Roma è del tutto casuale. Non è vero. Il sor Claudio Ranieri però quanto meno una cosa l’ha fatta capire: la Roma, la sua Roma, deve prima di tutto evitare di sprofondare nella paura di retrocedere. E così si è affidato per la sua personalissima prima (sconfitta con il Napoli) a gente che sa stare lontana dai fighettismi. Da Niccolò Pisilli a Stephan El Shaarawy, che sommando gli anni ha abbandonato il suo ruolo di Faraone dei fighetti per diventare un vero giocatore (grazie anche a José Mourinho), uno di quelli pronti a sacrificare tutto pur di dare a tifosi e allenatore (e a se stesso) una soddisfazione. Alla società no. La società ancora una volta non è pervenuta. 

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