Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza
Senna e Prost, rivali senza ego
Da un lato un pilota asciutto e preciso, dall'altro un'emanazione divina. Entrambi migliori, eppure uno migliore dell’altro. Si combattevano in pista con stili diversi e proprietà di linguaggio, coerenti con il proprio modo di essere e di pensare.
Se guardo all’altro, non posso che pensare a un rivale, che dà di me l’esatta dimensione. Potrebbero essere queste le parole di uno sportivo, magari un campione abituato a vincere quasi sempre, come il nostro Sinner. L’altro ci interroga e ci concerne, per usare il pensiero di un grande filosofo francese che contrapponeva la supremazia dell’Io a quello dell’Altro. In questo magnifico concetto riassunto poveramente (e me ne scuso), si nasconde una straordinaria verità. Perché di noi non resta quasi niente senza un volto altrui da guardare, nel quale riconoscersi oppure rifuggire, spaventati da uno sguardo un po’ sinistro o attratti dalla sua luminosità (il volto è la nostra identità). Perché noi non siamo niente senza l’altro. Nasce da questa polvere di poveri pensieri la rivalità dell’uomo, che trova la sua espressione più indecente nelle guerre e quella più grandiosa nello sport.
Mi è capitato di rivedere meglio il documentario su Senna, nel quale un ampio capitolo viene riservato alla rivalità del brasiliano con il francese Prost. Volti a confronto, quello armonico nei tratti e l’espressività di Senna, e quello storto, fuori asse, adunco nei sorrisi come nel naso di Alain Prost. Entrambi migliori, eppure uno migliore dell’altro, si combattevano in pista con stili diversi e proprietà di linguaggio, coerenti, verrebbe da dire, con il proprio modo di essere e di pensare.
Prost era un pilota asciutto, un professore algebrico prestato alle quattro ruote. Calcolava le traiettorie da seguire senza distrarsi un attimo (anche quando colpiva Senna di proposito), concedendo al talento di farsi largo all’interno di un sottile taglio di luce. Senna era luce autentica, emanazione divina, sottrazione di esistenza, respiro sospeso, voglia di vita e di morte. Di questa mistica assoluta (Dio mi guida, diceva sempre), bagnava la punta di ogni sua prestazione, come un antico scrittore faceva con la penna stilografica dentro l’inchiostro. Prost accusava Senna di essere sostanzialmente un pazzo, uno senza la minima coscienza della vita sua e degli altri. Senna ribatteva come un bambino ferito, colpendo il francese con il martello dell’invidia: non dare la colpa a me di ciò che tu non potrai mai essere.
Questa, riassunta, la sua risposta. Insomma vi era nell’uno il limite dell’altro e viceversa, e in questo limite l’inevitabile compenetrazione, l’essenza del loro modo di comportarsi e di vivere la vita e la competizione. Credo che rivalità del genere, siano state indispensabili per comprendere che cosa sia lo sport professionistico, quello dove si gioca per vincere, guardando il prossimo con occhi più attenti, se non migliori. Una lezione di vita per tutti noi, afflitti da questo ego smisurato con cui trascorriamo sciocchi le nostre giornate. Pensando che tutto si spieghi e si concluda dentro i nostri passi, le nostre parole, i nostri volti, i nostri sguardi abbassati senza rivali.
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