Il Foglio sportivo - That win the best
La crociata della Football Association: quote etniche, sostenibilità e altre sciocchezze
Nel suo nuovo documento strategico quadriennale la Federazione inglese impone staff multietnici alla Nazionale. Preparazione, bravura e competenza di un candidato varranno meno rispetto alla sua origine nera, asiatica, mista o di altre etnie, riuscendo a fare peggio di Uefa e Fifa
Al suicidio assistito che tanto piace in patria da me preferisco stordirmi di birra e brandy al bancone del pub, ma potrei ripensarci se il calcio continuerà a scivolare lungo il piano inclinato dell’imbecillità lungo il quale rotola da qualche anno. Di quanto sia più fastidiosa di un’afta in bocca la nuova formula della Champions League ho già detto, ed è inutile fingere entusiasmo per l’imprevedibilità di certe partite o leggere come segnali positivi le difficoltà di Real Madrid e Paris Saint-Germain: la buffonata del girone unico farà sì che più o meno tutte le grandi faranno in tempo a recuperare, mentre noi avremo sprecato molte serate delle nostre settimane a star dietro a troppe partite per potercene ricordare qualcuna.
A far peggio dell’Uefa con la nuova Champions e della Fifa con il Mondiale per club che ci rovinerà la prossima estate c’è come sempre la Football Association: nella loro crociata per raddrizzare il legno storto dell’umanità gli illuminati dirigenti inglesi vogliono che entro il 2028 il 30 per cento dello staff tecnico della Nazionale maschile inglese provenga “da contesti etnicamente eterogenei”. Ora, a parte il sessismo esplicito per cui invece l’obiettivo multietnico per la Nazionale femminile è solo del 15 per cento, constato con amarezza che la fissazione politicamente corretta è diventata malattia inclusivista, aggravata dall’altro grande male contemporaneo, l’analisi dei dati. Nel nuovo documento strategico quadriennale della Fa per l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione, intitolato “Un gioco libero da discriminazioni”, si legge ad esempio che in Premier League il 43 per cento dei giocatori è di colore, mentre tra gli allenatori stravincono i bianchi.
Come combattere questa – ai loro occhi – discriminazione? Ma con le quote, no? Preparazione, bravura e competenza di un candidato varranno meno rispetto alla sua origine nera, asiatica, mista o di altre etnie. A questo punto spero che fatto 30 si faccia 31, come dico al mio barista quando tocco le tre decine di pinte: si includano le donne nella squadra maschile e i trans in quella femminile. Sempre che resti qualcuno a seguirlo, questo sport ridicolizzato: leggo in una recente ricerca di Deloitte tra i tifosi italiani che “il 74 per cento ritiene che le istituzioni calcistiche internazionali e nazionali debbano guidare l’adozione di pratiche sostenibili – richiedendo ai club un impegno concreto in iniziative ambientali e sociali. Le nuove generazioni vogliono trasparenza sulle politiche Esg, ritenendole essenziali per la fiducia e il coinvolgimento”. Io non so quali cazzo di tifosi abbiano intervistato questi signori, ma se vogliono venire al mio pub un venerdì sera possono parlare con me e i miei amici che tifiamo e andiamo allo stadio sempre. Sono sicuro che quel 74 per cento di coglioni scenderebbe subito.