Gli scacchi presi con filosofia
Come Hegel, Kasparov pensa che ci sia ormai poco da vedere
Lo scacchista russo ritiene che non possa succedere più nulla di significativo a Singapore dopo che Magnus Carlsen ha rinunciato a difendere il titolo, ma probabilmente lo spirito del mondo passerà anche oltre di lui
Ci sono quelli che trovano il match mondiale fin da subito appassionante: quattro partite, due risultati decisivi. I più davano il campione in carica, Ding Liren, vittima predestinata del giovanissimo leone indiano, Gukesh D.; invece, a vincere la prima partita è stato il cinese, col Nero. E’ seguita una patta piuttosto scialba, nel secondo incontro, quindi è toccato a Gukesh riprendersi il ruolo da favorito vincendo in maniera convincente la terza del match. Poi, la quarta partita è scivolata via tranquilla, anche se i sentieri battuti in apertura erano abbastanza inediti. Patta, e staremo a vedere il seguito. Intanto, però, ci sono pure quelli che dicono di no, che non è una vera altalena di emozioni: vanno in scena due ottimi giocatori, per carità, due campioni, ma non i più forti al mondo. Non c’è Carlsen, e tanto basta.
Commentando l’inizio del match, Garry Kasparov l’ha messa così: “La storia dei match mondiali è finita con Carlsen. Chi sono questi? Cos’è Gukesh: numero cinque, numero sei al mondo? E quell’altro: numero 15 [peggio, in realtà: Ding è ventunesimo]? Sono troppo lontani dalle prime posizioni perché si possa parlare di un match per il titolo mondiale. Penso – ha concluso – che la storia dei campionati del mondo sia cominciata con Steinitz e sia finita con Carlsen. In palio c’è il titolo Fide, d’accordo, il titolo ufficiale, ma il match non ha rilevanza storica”.
E’ tutto molto hegeliano, direi. Io aspetto di capire come va a finire la sfida: la strada è ancora lunga. Ma, intanto, rilevo che, come Hegel, Kasparov pensa che ci sia ormai poco da vedere. Fine della storia. E, proprio come Hegel non riteneva per questo che non ci sarebbero stati più accadimenti di sorta, ma solo che nessuno avrebbe più fatto epoca, così Kasparov pensa che, con la rinuncia di Carlsen a difendere il titolo, non possa succedere più nulla di significativo a Singapore. La vita reale abbandona le forme ufficiali, istituzionali – il titolo, il match, la Federazione, l’albo d’oro: tutta quella roba là – e si sposta altrove. Per esempio: nella passione che Carlsen dedica non più agli scacchi classici ma alle forme rapid e blitz, oppure alle varianti eterodosse, (come Fischer960: si sorteggia la disposizione iniziale dei pezzi e le configurazioni di partenza possono essere 960).
È solo lì che possono ancora succedere cose, non nel match fra il cinese un po’ spompato e l’indiano ancora acerbo. Chissà se Kasparov ha ragione. Io penso di no. Carlsen sarà pure l’individuo cosmico-storico che incarna la verità del nostro tempo, ma lo spirito del mondo passerà anche oltre di lui: com’è passato oltre Alessandro, oltre Cesare, oltre Napoleone (gli esempi “formato maxi” sono tutti di Hegel). Anche loro, “come baccelli svuotati del seme”, sono caduti, uno dopo l’altro. E se il match di Singapore è forse solo un baccello, il seme tuttavia non è Carlsen, ma il gioco stesso degli scacchi. Che può dare ancora frutti, fino all’ultima partita del match.
La partita: Gukesh D. - Ding Liren, turno III, Singapore 2024, 1-0
Dopo 37… Th5 Ding perde per il tempo: vedi la mossa del Bianco che chiuderebbe comunque la partita?