Netflix

Piccolo schermo

La malinconia di Senna e quel desiderio di vincere nella vita

Umberto Zapelloni

Dagli inizi sulla pista di San paolo bagnata dalla pioggia ai tre trionfi Mondiali, fino a quella rivalità diventata quasi amicizia con Prost. La nuova serie Netflix ricostruisce la carriera del pilota brasiliano con un racconto romanzato ma mai stucchevole, con l'impressione di vederlo correre anche a trent’anni dalla sua morte

C’è davvero tanto Ayrton nella serie su Senna prodotta da Netflix in Brasile. Ci sono alcune immagini, quelle inquadrate più da lontano, in cui Gabriel Leone, l’attore brasiliano che aveva già interpretato De Portago nel Ferrari di Michael Mann, sembra davvero Ayrton. Fa impressione. Il racconto è romanzato, ma non eccessivamente da renderlo stucchevole. Non ci sono passaggi palesemente falsi come capita ad esempio in Rush. Alla fine delle sei puntate, quando poi sullo schermo compaiono immagini originali di Ayrton, con la colonna sonora di Tuna Turner che canta “The best”, il magone arriva. Si comincia dal bambino che sale sul kart regalatogli da papà (“Prima ancora di salire su una macchina, sapevo di essere nato per correre”) e si arriva fino alla maledetta domenica del primo maggio 1994 a Imola.

Ci sono i suoi inizi sulla pista bagnata di San paolo per imparare a padroneggiare la guida sotto la pioggia, il suo debutto sui kart, la prima ingiustizia subita, il passaggio in Inghilterra e le vittorie a ripetizione in Formula 3 che lo portano al debutto in Formula 1 con la Toleman e quindi il passaggio alla Lotus, alla McLaren e alla Williams. Ci sono tutti gli highlights di una carriera fantastica, il successo sfiorato a Monaco con la Toleman nel 1984, la prima vittoria con la Lotus nel 1985, il crash al Portier di Monaco 1988 quando voleva doppiare Prost (compresa la fuga a casa sua), la prima in Brasile nel 1991 con  la ricostruzione perfetta di quello che accadde dopo la gara con Ayrton che dolorante non riusciva quasi ad alzare la coppa. Ci sono i tre trionfi Mondiali, le liti con Prost con l’odio che alla fine si trasforma quasi in amicizia. Il professore è interpretato da Mat Mella che forse esagera un po’ nella caricatura del personaggio. Anche Lauda e Berger non assomigliano tanto agli originali a differenza di Ron Dennis e di Balestre, il presidente della Federazione, tratteggiato benissimo come il grande nemico.

Sono belle anche le immagini di corsa, la riproduzione delle auto e di tute e caschi dell’epoca. Si scende anche nei particolari come quando si vede Ayrton in Inghilterra guidare una Alfa Sud (nella serie viaggia dal Londra all’Italia con un motore nel baule per farselo rimettere a nuovo). Non c’è il budget di Rush o del Ferrari di Mann, ma il lavoro è decisamente ben fatto anche dal punto di vista sportivo. Quello a cui ha tenuto particolarmente la famiglia che ha seguito il progetto, è comunque il lato umano del campione. Il suo rapporto con papà Milton e mamma Neyde (ottima la somiglianza), con la sorella Vivianne e il fratello Leo. L’uomo Senna, anche il suo rapporto con Dio, hanno una parte importante nella storia. Così come le sue donne. Quella misteriosa incontrata e amata alla vigilia del suo primo Gran premio di Monaco (che sia una citazione alla storia con Carole Alt?) e quelle ufficiali: la moglie Liliane, l’amatissima Xuxa (ci perdoni Pamela Tomè ma l’originale era un’altra cosa) e Adriane, mal sopportata dalla famiglia e causa di notti tormentate. Ci sono tutte perché Ayrton, con il suo sguardo triste e malinconico, è stato un uomo che ha amato tanto e anche profondamente.

Non va tutto preso alla virgola, c’è qualche concessione di copione, ma alla fine si ha davvero l’impressione di rivivere il vero Senna, un pilota che ti entrava nel cuore e trent’anni dopo la morte è ancora qui con la sua leggenda e l’Istituto Ayrton Senna che in 30 anni ha aiutato a studiare più di 36 milioni di bambini in più di 3mila città del Brasile. Il suo ultimo messaggio, arriva da una vecchia intervista in cui Ayrton ci lascia la sua eredità spirituale: “So che sono un privilegiato e ho avuto una vita molto bella. Ma tutto ciò che ho ottenuto è frutto di dedizione, perseveranza e un enorme desiderio di raggiungere i miei obiettivi. L’enorme desiderio di vincere. Di vincere nella vita, non come pilota. E a tutti voi che state guardando questo video, dico che chiunque voi siate o qualunque sia la vostra posizione nella vita, dalla classe sociale più alta a quella più bassa, puntate sempre ad avere molta forza, molta determinazione e fate sempre tutto con  molto amore e molta fede in Dio. Un giorno ce la farete, in un modo e nell’altro ce la farete”. Non era un uomo banale. Un consiglio: provate a vedere i racconti delle gare con l’audio originale portoghese. L’emozione sale ancora più velocemente. 

 

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