Antonino Gallo del Lecce (foto LaPresse)

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Alla fine gioca Antonino Gallo

Giovanni Battistuzzi

Ogni estate a Lecce arriva un terzino sinistro titolare, ogni settembre però sulla fascia sinistra scende in campo quel ragazzo biondo e secco che arrivò da Palermo cinque anni fa e che nessuno ancora riesce a far sedere in panchina

C’era un tempo nel quale Antonino Gallo guardava solo avanti, fremeva dalla voglia di correre verso l’area avversaria. Pensava all’attacco, viveva per offendere, calcisticamente parlando. E sì che Antonino Gallo è persona che a ogni passo in avanti si guarda indietro sempre, ma alla maniera di chi lo fa senza nostalgia, solo per vedere l’effetto che fa osservare quanta strada è stata fatta. Uno che sa che andare avanti costa fatica, ma tutto sommato è sciocco rimuginare a quanto si è faticato ed è cosa ingiusta e poco soddisfacente arrivare da qualche parte senza faticare.

  

Antonino Gallo giocava a centrocampo, correva su e giù lungo la linea laterale a Palermo, per il suo Palermo, la squadra per cui faceva il tifo e che ancora occupa un posto speciale nella sua testa. Poi il Palermo fallì, si ritrovò senza un contratto e con poca voglia di non fare il calciatore. Aveva a lungo giocato per strada o nelle piazze, non era mai entrato in una scuola calcio, ma aveva capito che era molto meglio giocare sui prati rispetto che farlo sull'asfalto o sulla ghiaia. 

 

Tra quelli che l’avevano visto correre su e giù lungo la linea laterale c’era anche Mauro Meluso, all’epoca direttore sportivo del Lecce. Lo portò in Salento, lo affidò all’allenatore Fabio Liverani, dicendogli solo una cosa: “Questo merita”. Fabio Liverani lo osservò, capì che il diciannovenne meritava davvero, ma anche che a lui serviva un terzino, non un centrocampista. E quel biondino secco e veloce aveva dalla sua la sicumera dei diciannove anni, quella che ti porta a credere di aver capito più cose degli altri. Non giocò un minuto, finì in prestito al Francavilla dove poteva fare il centrocampista laterale. 

 

Quando tornò a Lecce era cambiato, meno ragazzino e più uomo, soprattutto disposto a mettersi davvero in discussione. 

Da Lecce non se ne è mai andato. Pantaleo Corvino, che aveva preso il posto di Mauro Meluso ma come responsabile dell'area tecnica, si era convinto che quel biondino non era il caso di lasciarselo scappare. Nemmeno dopo un girone d’andata passato tra panchina e tribuna. “Questione di tempo”, diceva a tutti. Il tempo per avere un’opportunità e sfruttarla. 

L’opportunità arrivò e Antonino Gallo la sfruttò. 

È da anni che sul lato sinistro della difesa del Lecce gioca lui. E gioca nonostante in estate, ogni estate, arrivi qualcuno più lodato e conosciuto di lui. Ogni inizio stagione così. Scrivono che il Lecce è debole sulla sinistra, che servono rinforzi, il rinforzo arriva (anche se va detto che Corvino non è tipo da farsi influenzare dai giornalisti), il suo nome viene messo nella formazione titolare, poi inizia il campionato e gioca Antonino Gallo.  

 

Perché uno come Antonino Gallo magari non impressiona, non ammalia l’occhio ormai sin troppo abituato ai videini da social pieni di giocate e di moine calcistiche, però fa quello che un terzino deve fare, lo fa bene e con poche sbavature. Perché, soprattutto, è tipo che se c’è da dare una mano la dà, che in campo ci sa stare e che a un doppio passo o una veronica preferisce un passaggio o la cara vecchia palla lunga e pedalare. E a chi sta in panchina tutto questo piace molto più che un video di Magic Skills, Goals & Assists.

   


  

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.

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