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Gli scacchi presi con filosofia

Bere l'amaro calice della patta fino alla 138esima mossa 

Una cerimonia del tè giapponese non avrebbe saputo concentrare una spesa psichica uguale in così impercettibili movimenti. Gli scacchi sono un’arte, un gioco, uno sport. Ma anche un rito, e un ritmo preciso e implacabile nei cui intervalli pulsa forte ma silenziosa la vita

Francesco Sonis, da Oristano, è il nuovo campione italiano di scacchi. Nel Femminile, la vittoria è andata a Marina Brunello, nell’under 20 assoluto al siciliano Francesco Cinà e, tra le ragazze, alla veneta Silvia Bordin. Già campione europeo under 16, Sonis ha, per l’ancor giovane età, ampi margini di crescita. L’ultimo turno è stato decisivo: dei quattro giocatori che si presentavano a pari punti prima della partita finale, due, Brunello e Lumachi, pattavano velocemente, mentre Sonis vinceva secondo pronostico contro Claudio Paduano. Toccava a Moroni, campione uscente, fare lo stesso contro Simone Pozzari, per portare Sonis agli spareggi. Ma non c’è stato modo: dopo quaranta mosse, il finale era pari, e però, prima di rassegnarsi, Moroni ha tenuto Pozzari alla scacchiera fino alla centotrentottesima mossa, per oltre cinque ore di gioco.

 

E sebbene dal punto di vista sportivo quel che conta è il primo titolo di Sonis, se uno volesse scrivere un libro sulla psicologia del giocatore di scacchi (dopo il famoso saggio di Reuben Fine, edito in Italia da Adelphi), dovrebbe mettersi davanti alla Moroni-Pozzari e osservare. Perché hanno giocato a lungo una posizione che gli scacchisti conoscono come patta teorica: di regola e a gioco corretto, Torre e Cavallo contro Torre non si vince, nonostante il pezzo in più. Moroni, col Bianco, doveva comunque provarci, per agguantare Sonis. Prima ha cercato di tenere in vita la posizione, evitando l’eliminazione degli ultimi pedoni; poi, quando i cambi sono divenuti inevitabili, ha giocato le ultime, inutili cinquanta mosse sperando nella svista a corto di tempo, in una distrazione, in qualche affanno del più giovane e meno esperto avversario. Questo, però, diceva la scacchiera, che non c’era niente da fare.

 

Ma cosa dicevano i volti, le posture? Perché Moroni non la finiva di tormentare il suo ciuffo di capelli? E come faceva Pozzari a trattenere l’impazienza? Che genere di frustrazione bisogna sopportare, per tirarla senza speranze tanto per le lunghe e, dall’altra parte, quanta calma occorre per non sbuffare, non grugnire e nemmeno tossire per il protrarsi di un esercizio sfiancante, per una inutile tortura? Alla mossa numero settantotto ho visto la prima, perplessa alzata di sopracciglio di Pozzari. Ce ne sono state altre, nelle mosse successive, e furtivi sguardi interrogativi verso l’avversario: davvero vuoi andare avanti ancora? Alla mossa centoventesima Pozzari ha risposto al colpo, con una certa energia: non vedi che è finita? Minimi segnali, piccolissimi indizi. Moroni non si è mai scomposto, ha bevuto l’amaro calice della patta fino in fondo, fino all’intervento dell’arbitro. Una cerimonia del tè giapponese non avrebbe saputo concentrare una spesa psichica uguale in così impercettibili movimenti. Definizione degli scacchi: un’arte, un gioco, uno sport. Ma anche un rito, e un ritmo preciso e implacabile nei cui intervalli, tuttavia, pulsa forte ma silenziosa la vita.


 

La partita: Francesco Sonis vs. Claudio Paduano, Torino, CIA 2024, 11°⁰turno

In posizione già vincente, il Bianco muove e dà matto in due: riesci a vedere la mossa decisiva?

Risultato: 39. Af8, e non c’è modo di evitare 40. Df5#

 

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