Antonio Conte (foto LaPresse)

Serie A

Gli spazi stretti nel Napoli di Antonio Conte

Marco Gaetani

Pochi titolarissimi e tanti giocatori che si devono accontentare di pochi minuti. Tutte le domande alle quali l'allenatore degli azzurri non riesce a trovare risposte adeguate

Quando il quarto uomo, entità ormai sempre più trascurata in un sistema calcio dominato dal Var, ha alzato il tabellone luminoso che ordinava la sostituzione di Lukaku e Anguissa, reduci da prestazioni agli antipodi, per fare spazio a Giovanni Simeone e Michael Folorunsho, il cronometro di Napoli-Lazio era già entrato nei minuti di recupero. Gli azzurri non avevano cavato un ragno dal buco, incapaci di risolvere un rebus iniziato giovedì sera e terminato ieri sotto l’acquazzone del Maradona. Nonostante i proclami, le conferenze stampa mirate a sminuire quello che sarà l’obiettivo del Napoli di quest’anno, rinunciando alla Coppa Italia schierando undici riserve su undici e forzando alcune di loro in posizioni a dir poco azzardate, quasi esponendoli alla brutta figura, Antonio Conte si è condannato a vincere lo scudetto o quantomeno a lottare fino all’ultimo minuto dell’ultima giornata. Nessuno avrà a disposizione tutto questo tempo, tutto questo agio: da qui a maggio, il Napoli giocherà una volta a settimana, con un solo obiettivo nella testa e nelle gambe.

 

Eppure, da questa scelta avallata anche da un perfezionista come Aurelio De Laurentiis, che in uno slancio contiano si è persino lanciato nella definizione di “lezione di vita sportiva alla squadra” (chissà che ne pensa di questa lezione uno come Zerbin, sballottato a fare il terzino destro contro uno degli esterni d’attacco più ispirati del campionato come Zaccagni), gli azzurri rischiano di uscire con più domande che risposte. Con che spirito scenderanno in campo, quando (e se) saranno chiamati in causa, i vari Neres, Simeone, Raspadori, Gilmour, Spinazzola?

 

C’è poi un tema legato a quelli che, a questo punto, è lecito definire i titolarissimi del Napoli. Lukaku è davvero quello che serve al Napoli in questo momento? Uno come Simeone, tra i pochi a salvarsi nel marasma dell’Olimpico, davvero merita solamente di giocare i minuti di recupero, per quello che sembra ormai più un patto di sangue tra allenatore e centravanti che un discorso meramente tecnico-tattico? Questo Kvaratskhelia isolato e chiamato spesso allo show personale per mettersi in condizione di avere una mezza occasione da gol non può essere usato in maniera diversa?

 

Non sono certo due sconfitte, per quanto brutte, pesanti e ravvicinate, a far accantonare e trascurare quanto di buono è stato fatto fino a questo momento, ma finora il Napoli ha sempre viaggiato con il vento in poppa, sfruttando al meglio ogni episodio a proprio vantaggio per limitarsi a gestire. Dal 20 ottobre (0-1 a Empoli con un rigorino di Kvaratskhelia) a ieri sera, solo in un’occasione il Napoli ha segnato più di un gol, in una partita giocata comunque in maniera sparagnina al cospetto del Milan, trovando il vantaggio al primo battito di ciglia. Adesso il calendario diventa leggermente più dolce dopo un mese in apnea, Udinese-Genoa-Venezia è un trittico da affrontare con la faccia dei giorni giusti per rispondere all’assalto dell’Atalanta e a un’Inter che è sempre lì, per non parlare di Fiorentina e Lazio accorse al gran ballo senza avere ricevuto l’invito a inizio anno. Il 2025, infatti, si aprirà con un’altra sequenza infernale: Fiorentina, Atalanta, Juventus e Roma, intervallate dal Verona. Dopo la scelta dell’Olimpico, Conte si è condannato a non poter sbagliare.

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