Cambiare per crescere. Intervista a Mattia Casse
"Sono malato del migliorare, se vedo una finestra di miglioramento cerco di sfruttarla, se porta a qualche risultato non lo so, però almeno sono migliore di prima", ci dice l'azzurro dello sci. Sulla sicurezza? "Andiamo a 150 all'ora su due assi di legno in tutina… allora non facciamo neanche più le gare di bicicletta, non facciamo le discese perché non ci sono guardrail"
L’eta è solo un numero, conta essere grandi al momento giusto. A 34 anni, Mattia Casse, sciatore azzurro, che ha conquistato la prima vittoria in Super G in Val Gardena, è alla continua ricerca della miglior versione di se stesso. Non pensa troppo al futuro come a Milano-Cortina (“prima bisogna qualificarsi, poi si vede”) o a ciò che non è andato, ma a quello che può essere fatto. L’azzurro che ama la velocità, anche in bici, forse per il dna (il padre è stato campione di Chilometro lanciato), nel 2022 ha cambiato tutto, sempre con la voglia di crescere.
Bilancio dopo le gare a Bormio? Rammarico?
Dipende da che punto si guarda: si vuole sempre vincere, però non corro da solo. Posso fare meno errori ed essere più veloce, sto attaccando, cercando di portare una sciata aggressiva e veloce, questo talvolta comporta qualche errore. Per il futuro cercherò di sbagliare meno, vedremo.
La Stelvio è al centro delle polemiche per la sicurezza, lei che pensa?
Sono un atleta, posso dire solo le mie sensazioni, quello che provo e che ho provato negli anni in Coppa del mondo. La Stelvio, come altre piste, da Kitzbühel o Wengen sono difficili, la Stelvio forse è quella che lo è di più, ma quest'anno non l'ho vista così estrema come in altri anni, non ho visto questa pericolosità. Se ne è parlato, perché si sono fatti male alcuni “importanti”, come Sarrazin, anche Zazzi si è fatto male. Sono caduti altri dietro, non se ne deve parlare solo se accade ai più forti. Succede sempre, andiamo a 150 all'ora su due assi di legno in tutina… allora non facciamo neanche più le gare di bicicletta, non facciamo le discese perché non ci sono guardrail e perché non c’è uno scafandro e non ci si può proteggere. Sono un po’ spiazzato, sono da tanti anni in Coppa del mondo e ricordo le prime gare, le piste erano bagnate, dure, poi è tutto molto personale. Qualcosa sta succedendo, spetta agli esperti capire cosa.
L’anno si chiude con la prima vittoria, quante volte l’ha sognata?
Ho sempre immaginato di riuscire a fare una manche in cui potessi esprimermi al 100 per cento. In Gardena, ci sono riuscito e ci sto quasi riuscendo nelle ultime gare. Sto portando una bella versione di me, veloce, solida e convinta. Non ho mai inseguito la vittoria, non era un'ossessione. È ovviamente bello, adesso devo riuscirci di nuovo.
Dopo le Olimpiadi di Pechino si è iscritto al corso da maestro di sci, ci sono stati altri momenti in cui voleva mollare?
Rimuginare non è il mio forte, ci ho pensato quando è mancata mia mamma, non ero tanto convinto, era il mio faro, non riuscivo a capire se questa era la mia via. Poi, no nemmeno quando sono andato male, io mi sprono: sono malato del migliorare, se vedo una finestra di miglioramento cerco di sfruttarla, se porta a qualche risultato non lo so, però almeno sono migliore di prima.
In cosa può migliorare?
Nel fare meno errori per essere più veloce, essere più costante su tutte le piste, gestirmi con le prove, avere ancora più solidità mentale, stando più sul pezzo.
Che rapporto ha con il cambiamento?
Lo accetto se comprendo che può portare a migliorare, lo faccio mio. A fine anno parlo con il mio staff, per capire cos'è andato bene o male. Ho dei punti saldi, i più difficili da cambiare che si possono smussare. C’è una base su cui costruisci tutto il puzzle.