Gli scacchi presi con filosofia
Le bizze del “vecchio” Carlsen quand'è l'ora dei diciottenni
Lo scacchista norvegese è tornato a far parlare di sé abbandonando la competizione in seguito a una multa ricevuta per aver indossato dei jeans e violato il dress code del torneo. Che si tratti di ribellione o tattica, si teme l'escalation con la creazione di una federazione secessionista. Magari online, dove i pantaloni non servono neanche
Dopo Gukesh Dommaraju, questa domenica è stato incoronato campione del mondo un altro diciottenne, il russo Volodar Murzin, vincitore del Fide World Rapid Championship (in un formato quindi più veloce di quello “classico”, dove invece hanno combattuto Gukesh e Ding). Entro la fine dell’anno conosceremo anche il nome del campione del mondo blitz (il formato ancora più veloce).
Ma la vera notizia è un’altra, e riguarda il più forte di tutti, Magnus Carlsen, e il suo irriverente paio di pantaloni. Il norvegese è tornato a far parlare di sé abbandonando la competizione in seguito a una multa ricevuta per aver violato il dress code del torneo, indossando dei jeans, sotto minaccia di squalifica se non si fosse cambiato. Sembrerà assurdo, ma non è la prima volta che incidenti del genere capitano, e la Fide, cioè la federazione internazionale, vede e provvede senza far distinzioni. Dal suo punto di vista, si tratta solo di un giocatore indisciplinato, anche se il più famoso e influente, che va trattato come gli altri, nel pieno rispetto delle regole. Dal punto di vista di Carlsen, ci sono invece tutti gli indizi per pensare che voglia muover guerra.
Fa sempre più fatica a nasconderlo, le dichiarazioni diventano nel tempo vere e proprie invettive (talvolta scurrili), ha abbandonato il titolo a cadenza rapid (dove era campione in carica), e soprattutto nella partecipazione e promozione del gioco si muove in direzione autonoma, se non opposta, alla federazione. Si potrebbe pensare che quello di venerdì scorso sia stato solo un atto di ribellione contro una regola eccessivamente rigida. I più maliziosi diranno che farsi cacciare è il miglior metodo per andarsene quando la posizione in classifica non è brillante, come in effetti non era per Carlsen. Non era neanche disastrosa, però, e difficilmente sarebbe bastata a spingerlo al ritiro, se non ci fosse stato già del malessere. Abbiamo assistito a troppi scontri per pensare che si sia trattato di un evento isolato, che la protesta per la regola non faccia parte di una protesta più generale contro la poca voce in capitolo dei giocatori (e più precisamente ancora: della sua voce) nella federazione. Il vero timore di entrambe le parti è ora l’escalation, che si arrivi cioè alla creazione di una federazione secessionista, come accadde per la Pca di Kasparov nel 1993. Chissà, magari stavolta online.
Chess.com ha twittato che per giocare online i pantaloni non servono neppure. Non elegante, ma vero. Forse questa è la condanna di un gioco così meravigliosamente e brutalmente meritocratico: come si gestisce un atleta che parte sempre strafavorito, come si legittima il campione se è lui a ritenere di legittimare tutto il resto, l’intera galassia scacchistica? Nel gioco che meglio di tutti decreta vincitore e sconfitti il campione, superlativo per comparazione, non resiste spesso alla tentazione di farsi assoluto. E di sgusciare via.
La partita: Murzin vs. Volodar - New York, Fide World Rapid Championship, Round 12, 0-1
Il Bianco, in posizione di netto vantaggio, commette un errore decisivo. Riesci a vedere perché?