Mattia Destro (Ansa)

Il Foglio sportivo

Il fascino delle maglie rétro

Emmanuele Michela

Riproporre divise storiche è diventato un genere narrativo che si ripete, ma l'identità di una squadra non si può costruire solo con prodotti commerciali e pezzi di un passato trattati come cimeli.

A novembre era toccato al Parma, che non è nuovo ad iniziative di questo genere: Puma ha prodotto una maglia del club crociato che riporta a galla la stagione 1995-96, a ricordo di un’epopea mitica, quando cioè sulla via Emilia arrivavano grandi giocatori, coppe europee e bei piazzamenti in Serie A. La maglia non fu neanche la prima di quell’annata, bensì la terza: ha colori e fantasie desuete che sanno di un passato da riscoprire con qualche clip su YouTube, e può essere acquistata anche con cappellino e scarpe coordinate. Ed è l’ennesimo colpo da maestri di chi progetta maglie da calcio, una scelta che strizza l’occhio agli anni Novanta, epoca incredibilmente florida e distante dal presente per cromie e pattern. Una tendenza affermatasi anche seguendo una parola chiave, blokecore, moda sostenuta dai social dove una maglia da calcio è abbinata a jeans e sneakers, da indossare fuori dai contesti sportivi.

Forse proprio per questa invasione di campo, verrebbe però da dire che siamo di fronte all’ennesimo ripetersi di una moda partita come originale e fortunata, ma diventata ormai ripetitiva. Che il retro sia un obbligo nelle produzioni delle nuove maglie da calcio non lo scopriamo certo oggi. Ma rispolverare una vecchia divisa per replicarla in chiave moderna è diventato un vizio per il mercato dei kit sportivi. Ammettiamolo: le jersey in stile retro sono affascinanti e d’impatto, sono decisamente un successo – spesso vengono prodotte in edizione limitata e dopo pochi giorni di vendita sono introvabili –, ma dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che non sono altro che una bella trovata commerciale, che strizza l’occhio più al marketing che alla storia di un club.

Non che la cosa debba scandalizzare, sia chiaro, specie in un’epoca sportiva dove una squadra punta a vincere anche fuori dal campo, con un’immagine curata al dettaglio. Ma forse, proprio per questo, la tendenza ha qualcosa da dirci: l’identità di una squadra non si può costruire solo con prodotti commerciali, pezzi di un passato che trattiamo come cimeli epici, ma che in realtà sono stati cuciti l’altro ieri e messi in vendita a prezzi astronomici. La storia è fatta anche di oggetti, ma questi oggetti, queste maglie, non sono storia: non è misera nostalgia ammetterlo.

Quello delle maglie retro è diventato un genere narrativo che si ripete, l’eccezione è diventata l’ennesimo giro di valzer di una festa che non finisce più, al pari dei colori assurdi delle terze maglie (chi si ricorderà del Milan viola o del Manchester United a strisce bianco-verdi?). Sono kit che tanto rapidamente conquistano l’attenzione dei media quanto poi scompaiono nei cesti delle offerte dei grandi magazzini. È la gran ridda della produzione di tutte le maglie da calcio, opere d’arte che costano notti su notti ai creativi del settore, per muovere migliaia di vendite in 6-9 mesi e poi fare spazio a nuove edizioni.

Adidas su tutto ciò sta costruendo una fortuna, va riconosciuto. Un mese fa è stato svelato il kit per celebrare i 50 anni dell’intesa tra il brand tedesco e l’Argentina: non poteva non essere una maglia stile vintage, a ricordo degli anni Settanta dell’Albiceleste. Scelte simili sono state prese, in passato, anche per altre nazionali e club, mentre lo scorso agosto furono lanciate le terze maglie di alcune grandi squadre europee – Juve, Man Utd, Real, Bayern, Arsenal –, che sono un omaggio straordinario a linee e colori di un calcio che fu, quando sulle divise prodotte dal brand tedesco spiccava il celebre logo a tre foglie. A promuovere le maglie – non poteva essere altrimenti – 5 leggende di fine anni Novanta-primi anni Duemila dei 5 club: Del Piero, Zidane, Rio Ferdinand, Vieira e Schweinsteiger. Poco importa se di fatto alcune di quelle maglie sono degli ibridi: la Juve appartiene alla scuderia Adidas solo dal 2015-16, e la divisa in oggetto mai è stata creata in passato, e si distingue per la presenza del logo della Juve – la zebra – che ormai non si vede più da trent’anni.

Poi è toccato al Milan – meraviglioso il suo kit per celebrare i 125 anni del club – e, ancora, della Roma, che ha messo sul mercato una maglia che rievoca la stagione 1993-94, con lo sponsor Barilla, il lupacchiotto sul petto e i colori – tre strisce arancio sulle spalle, su tinta unita bordeaux – inequivocabili. Difficile che venga usata in partita, dicono gli esperti, ma è certamente stra-richiesta. Questo sebbene vada detto che quell’annata fu tutt’altro che felice per i capitolini, che chiusero la stagione settimi. Ma il fascino del passato è più forte della verità storica, o almeno questo le maglie da calcio ci dicono.  

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