Il Foglio sportivo
Le nuove sfide da numero 1 di Sinner
Jannik non perde dal 2 ottobre. Dopo l’anno delle “prime volte”, cerca conferme e... Wimbledon.
Rino Tommasi sosteneva che tra le quattro prove dello Slam l’Australian Open fosse il torneo più difficile da prevedere. Troppi giorni di sosta dall’ultimo match (i tennisti di oggi non sarebbero d’accordo) e l’aria di inizio stagione e di buoni propositi: esaltano oppure atterriscono. Per la prima volta nella sua carriera, il numero uno del mondo da trentuno settimane, Jannik Sinner, a Melbourne dovrà difendere un titolo major. Dodici mesi fa si era sdraiato sul cemento blu della Rod Laver Arena facendoci intuire, ma non comprendere fino in fondo, che il 2024 sarebbe stato un anno magico. “L’anno scorso per me ci sono state molte prime volte: il primo Slam, la prima volta numero uno, le mie prime Atp Finals. Non sono rimaste tante altre prime volte nel nostro sport”, ha detto Sinner in un’intervista per l’Atp. “Certo, mi rimangono altri due Slam da vincere”. Il mirino del 2025 è tutto puntato su Wimbledon. E sulle conferme, l'azzurro, che non perde un match dallo scorso 2 ottobre (la finale del China Open contro Alcaraz), esordisce da campione uscente contro il cileno Jarry e, guardando un po’ più in là, agli ottavi potrebbe affrontare Holger Rune o Matteo Berrettini, nei quarti Stefanos Tsitsipas, in semifinale Taylor Fritz. I più temibili sono tutti dall’altra parte del tabellone, incontrabili soltanto in finale: Alexander Zverev, Carlos Alcaraz e The Revenant Novak Djokovic. La domanda che ha accompagnato il finale della scorsa stagione è stata: chi può far paura a Jannik Sinner? Lui direbbe che ogni turno presenta insidie, che bisogna guardare match dopo match, La realtà è che gli avversari rimasti sono 2, forse 3 se si vuole provare a smentire Rino Tommasi e sostenere che la lunga pausa di Zverev non ne abbia modificato lo stato di forma. Oltre a lui, Djokovic e Alcaraz.
Il serbo, che aveva smentito per un decennio abbondante la teoria dell’imprevedibilità australiana nel senso che a Melbourne di imprevedibile era rimasto ben poco, vinceva lui con poche sorprese, 10 volte in 15 anni, è tornato nel 2025 con un nuovo coach, Andy Murray. Nonostante suo padre da qualche tempo stia provando a convincerlo che forse sarebbe arrivato il momento di smettere, lui continua. Perché? Perché è convinto di poter vincere ancora. Nel 2024, post oro olimpico, sembrava che avesse accarezzato l’idea di un glorioso ritiro. Evidentemente, però, giocare a sudoku alle Maldive mentre i suoi colleghi di 15 anni più giovani a Torino lottavano per prendersi ciò che era stato suo, non era ancora cosa per lui. L’ex numero uno al mondo ha visto la pensione, il ritiro di due suoi vecchi avversari e si è girato dall’altra parte. Ancora tennis, please. Nole, dato per spacciato, finito, ko per tutto il 2024, ma solo perché non si capiva che non voleva erba o terra, ma che i suoi sogni erano tutti d’oro, torna per la prima volta dal 2005 senza nessun titolo da difendere. La sua collaborazione con Andy Murray ha qualcosa in comune con quella tra Federer e Ljubicic. Poteva sembrare una mossa di gestione dell’addio, farsi accompagnare al ritiro da un amico che aveva da poco vissuto quel momento. Si è trasformato in uno dei più leggendari comeback della storia.
Rispetto al passato, quando il tennis era nelle sue mani e lui, volente o nolente, per abitudine, avversari non all’altezza, manifesta superiorità, uno, due, tre Slam all’anno li conquistava, oggi sa di avere contro due avversari che lo hanno battuto più di una volta in campi e in tornei importanti. In un’intervista uscita su Gq gli viene chiesto di associare una parola a ogni campione. Alla voce Federer, Djokovic risponde eleganza, per Nadal usa il termine tenacia, ad Alcaraz riserva il carisma. E Sinner? Per Sinner la parola usata è Sciare.
L’altro personaggio atteso nel 2025 è Carlos Alcaraz. Lo spagnolo si è presentato a Melbourne con una racchetta nuova e un nuovo taglio di capelli. Nel 2024 ha conquistato back to back Roland Garros e Wimbledon eppure la sensazione generale è che si sia trattata di una brutta annata per il numero 3 del mondo. Troppi gli alti e bassi percepiti. Tralasciando la distorsione della realtà e del giudizio critico lasciata in eredità dai Fab 4 che hanno fatto diventare il tennis uno sport di ingordi per cui una vittoria non è rilevante se non è seguita da un’altra vittoria e poi un’altra ancora per cui la regola dell’alternanza non vige più, su di lui sembra soprattutto pesare il paragone con l’epoca precedente e, quest’anno, con Jannik Sinner. Da una parte il genio e la sregolatezza, dall’altra l’efficienza. E chissà se la macchina Sinner e il suo pragmatismo vincente hanno lasciato qualche strascico sul carattere e sulle abitudini della testa di serie numero 3 che qui a Melbourne potrebbe diventare il più giovane tennista della storia a conquistare il Career Slam, ovvero il più giovane a riuscire a vincere tutti e 4 gli Slam. Chissà se l’uomo dotato di carisma, per citare Novak Djokovic ha deciso di prendere esempio dall’azzurro o se invece, tutto sommato e legittimamente, preferisce così: vincere quando gli va, come gli va, montagne russe e spettacolo assicurato. A Melbourne un loro incontro, l’undicesimo, potrebbe avvenire soltanto in finale. Sarebbe la loro terza sfida per il titolo, la prima a livello Slam. Nel 2024 Carlos e Jannik si sono spartiti gli Slam, per la prima volta nella storia, due ragazzi nati dopo il Duemila si sono divisi a metà il bottino Slam. Nel 2025, Djokovic permettendo, l’obiettivo è quello di vedere la Sincaraz in finale. A Melbourne può succedere.