In questa foto Eamon Devlin sta tenendo una lezione allo staff tecnico del Real Madrid. Nella foto piccola è con Carlo Ancelotti (foto Linkedin/EamonDevlin)

Il foglio sportivo

Cari coach, nell'intervallo parlate così

Fulvio Paglialunga

Devlin insegna agli allenatori come essere efficienti in meno di 15 minuti: “Chiari e coincisi”

I nostri nonni ci ripetevano che “una parola è poca e due sono troppe”. Era un invito all’essenzialità, a una comunicazione senza fronzoli. Parlare poco, ma nemmeno troppo poco: il giusto. Ora, nel sempre più specializzato mondo del calcio, per questo c’è Eamon Devlin: lo insegna agli allenatori, entra nello spogliatoio di una squadra di calcio durante l’intervallo e poi spiega al tecnico come rendere efficace quello che dice, in un tempo breve come il quarto d’ora tra i due tempi della partita. Nordirlandese, cresciuto durante i Troubles, ex avvocato rampante, allenatore di calcio gaelico, ha scoperto questa vocazione per la psicologia, per la comunicazione, per la ricerca. E ha messo tutto insieme, fondando la Minute9, fornendo consulenza agli allenatori che ne sentono il bisogno. Ora “allena” la comunicazione tra un tempo e l’altro. Una foto di qualche settimana fa lo mette al fianco di Carlo Ancelotti, l’ultimo a essersi rivolto a lui. Il tecnico del Real Madrid ha in mano un gufo di pezza, appena regalatogli: “Ma il motivo – dice Devlin – non posso dirlo”. Del gufo non si deve sapere niente, Devlin si muove nella riservatezza. Nemmeno le società con cui lavora si devono sapere: “A meno che non sia il club ad autorizzarci”. Al momento tra i clienti ci sono, soprattutto, la Federcalcio inglese e gallese, due squadre di Premier, quattro di Champions, forse presto due italiane: “Stiamo valutando come possiamo assisterle. Accettiamo solo clienti per i quali crediamo di poter fare davvero la differenza”.

 

La differenza che Devlin cerca di fare, in un club, nasce così: lui studia i discorsi di ogni allenatore durante l’intervallo, ne parla, li rende efficaci. Non è teoria, è studio: “Durante l’intervallo serve chiarezza, concisione. L’allenatore deve trasmettere il proprio messaggio con il giusto tono e la giusta energia, con informazioni facilmente comprensibili e impattanti. È importante non sovraccaricare i giocatori di troppe informazioni e troppe indicazioni tattiche”. Come? Tagliando il superfluo, come dicevano i nostri nonni, nell’insegnamento che Devlin traduce, conversando, in less is more: “Cerchiamo di ridurre il tempo di intervento dell’allenatore a 60 secondi. Attualmente la media nel calcio è di 6 minuti e 25 secondi, con gli allenatori che trasmettono in media 22 messaggi tattici durante l’intervallo. Il divario è notevole”.

 

Da un discorso troppo lungo nasce il nome Minute9. Prima c’è la ragione scientifica: secondo le ricerche di Eamon e del suo team (tutto di ventenni, per avere l’età allineata a quella dei calciatori) è bene che l’allenatore cominci a parlare dal nono minuto dell’intervallo, non prima. E poi quella sentimentale: quando la figlia di Eamon disse che voleva lasciare il calcio, poco più che bambina, non perché la sua squadra perdeva sempre e di molto, ma per i discorsi degli allenatori, pieni di rabbia e rimproveri, che aumentavano il sentimento di umiliazione. L’ultimo, quello che convinse la figlia ad abbandonare, durò nove minuti. Quindi, Minute9.

 

Invece, agli allenatori, Eamon Devlin chiede meno, suggerisce il meglio. Molti dei consigli sono personalizzati: lui e i suoi studiano i discorsi nell’intervallo degli allenatori che sono loro clienti e ottimizzano la comunicazione, ma chiacchierando vengono fuori alcuni principi che possono valere per tutti. Ci sono dentro dati, ricerca, esperienza. Allenate? Semplici curiosi? Ne lasciamo un po’ qui, magari servono, nell’intervallo o nella vita. Ad esempio, ai giocatori va concessa una pausa mentale: “Hanno bisogno di riposare, idratarsi e sentirsi sicuri dal punto di vista emotivo. Dopo di che, possono entrare in gioco gli aggiustamenti tattici”. Ai calciatori va dato il tempo di staccare dalla partita, di rilassarsi, persino di usare lo smartphone, se lo vogliono. Il telefono, che per molti allenatori è fonte di distrazione, invece può aiutare: “Ai giocatori dovrebbe essere dato il tempo e lo spazio per prendersi una pausa mentale durante l’intervallo. Alcuni giocatori potrebbero trovare utile controllare brevemente i loro telefoni, mentre altri potrebbero preferire concentrarsi su altre attività. La chiave è rispettare le esigenze individuali”.

 

Solo poi tocca all’allenatore. Prima, magari, può mangiare qualcosa. Anzi, è un consiglio: “Se un allenatore mangia, recupera l’energia e regola le emozioni. Non entra a caldo, riflette un po’ di più su ciò che è necessario dire: l’intervallo richiede molta concentrazione mentale ed energia emotiva”. Meglio sarebbe se l’allenatore seguisse la partita (o almeno il primo tempo) dalla tribuna: “Su questo, però, gli allenatori non ci seguono. Invece avrebbero una visione migliore e risparmierebbero energie per l’intervallo. Al calciatore non va di sentire troppe parole nemmeno quando è in campo”. Poi c’è il linguaggio da scegliere: come deve parlare nello spogliatoio un allenatore che ha calciatori di nazionalità diverse? “Non è una domanda facile. Nel calcio, i nostri clienti hanno in media 13 nazionalità e 10 lingue madri negli spogliatoi. Le squadre con molteplici nazionalità e lingue rappresentano una sfida. Minute9 ha sviluppato sistemi che vanno oltre le semplici parole parlate, incorporando suoni, musica, colori e altri segnali visivi per comunicare in modo efficace”. Immaginiamo per un secondo Al Pacino in Ogni maledetta domenica e… “Quella era un discorso prepartita, ma in sintesi, raccontare storie può essere molto potente durante l’intervallo. A volte la squadra ha bisogno di essere ispirata, e questo è difficile da fare semplicemente dando ai giocatori ulteriori tattiche di cui preoccuparsi”. Lasciar riposare, creare ispirazione, parlare poco: non servono lezioni, nello spogliatoio serve efficacia. Serve, cominciano a dire molte squadre, Eamon Devlin, che ha reso scientifico il metodo dei nostri nonni.

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