Fabio Quagliarella (Ansa)

Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Fabio Quagliarella e il coraggio di piangere

Alessandro Bonan

L'ex calciatore della Sampdoria ricorda con emozione suo padre, scomparso qualche settimana fa, che lo ha sostenuto per l'intera durata della sua carriera 

Ci vuole coraggio per piangere, riempiendo le lacrime di sospiri, ansia, quella che sopraggiunge con il ricordo di una persona cara che non c’è più. L’ansia di non potercela fare a stare bene come prima, quando tuo padre c’era ancora e ti chiamava tutte le sere per dirti semplicemente “come ti senti?”. L’altra sera, durante la trasmissione su Sky, Calciomercato L’Originale, Fabio Quagliarella, ascoltando di nuovo la voce del padre scomparso qualche settimana fa, si è lasciato andare a un pianto muto, incapace anche di respirare, di contenere un’emozione tracimante, gli occhi bagnati, un lago di lacrime. Ho pensato, in quel momento, a quanto sia difficile somministrare alle nostre giornate la giusta dose di dolore, una stilla, quella goccia tremante, riuscendo a controllare il proprio stato nervoso, in nome di chi ci circonda, perché nessuno ama il dolore degli altri, visto che tutti soffrono di qualcosa, un amore tradito, un abbandono prematuro, una vigliacca malattia, e non vogliono sobbarcarsi le pene di chi ci sta di fronte. 


Quagliarella (nella foto LaPresse con la maglia Samp), sul momento, avrebbe voluto vergognarsi di quella reazione scomposta, magari alzandosi dalla sedia per fuggire lontano. E invece è rimasto, seppure colto in contropiede, lasciandosi trascinare come una barca senza timone, assecondando la corrente, una spinta improvvisa di ricordi che lo ha portato a essere in un istante, figlio e testimone, narratore di un grande sentimento che durerà per sempre. Dopo alcuni lunghissimi secondi di silenzio, ha trovato la forza e il coraggio di parlare, rendendo immortale la figura di suo padre. 


Fabio Quagliarella è riuscito a giocare bene per tantissimi anni grazie alla passione per il calcio, allenandosi ogni giorno con la stessa gioia di quando era bambino. È stato certamente questo il suo segreto, l’amore per il pallone. Il padre era ovviamente orgoglioso di lui, sostenendolo anche nei momenti più difficili, come durante l’esperienza di Napoli, quando fu trascinato dentro una brutta storia di calunnie. Come calciatore ha segnato tantissimi gol, oltre duecento, senza accontentarsi di farlo in maniera normale, un tiro semplice, la palla che rotola spensierata verso la rete. No, Quagliarella ha sempre segnato gol speciali: in rovesciata, al volo, di destro, di sinistro, di tacco, con pallonetti irraggiungibili e torsioni dentro l’area di rigore degni di un acrobata. In quei gesti così impossibili, era come smarrisse se stesso, per ritrovarsi poi, oltre la partita, in silenzio, rispettoso di tutti, buono. E penso, senza averne alcuna certezza, che quello fosse l’insegnamento di suo padre: la normalità. Una maniera semplice di intendere la vita, dentro la quale comprendere “l’eccezionale” di cui Quagliarella è stato soltanto un meraviglioso, innocente, interprete. 

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