La ferita nell'anima della regina della ginnastica artistica Ágnes Keleti
I sei ori delle Olimpiadi di Melbourne 1956 nel ricordo dei suoi genitori catturati e deportati ad Auschwitz, dove morì suo padre, mentre lei riuscì a salvarsi grazie a documenti falsi, nascondendosi in una piccola cittadina dell’Ungheria fino all’arrivo dell’Armata Rossa
Accettazione e tolleranza. Con queste motivazioni nel 2021 Ágnes Keleti, per i suoi 100 anni, ha ricevuto il premio dell’International Fair Play Committee, lei che ha dedicato la sua vita alla ginnastica artistica, con 10 medaglie olimpiche, di cui 5 d’oro: quattro a Helsinki nel 1952 e sei a Melbourne nel 1956. Nata a Budapest il 9 gennaio del 1921 da famiglia ebrea, iniziò piccolissima a praticare la disciplina olimpica e sedicenne vinse il primo titolo ungherese, ripetendosi per altre nove volte. Nel 1954 partecipò al Mondiale di Roma conquistando tre medaglie, una per metallo. Dopo il suo ritiro, nel 1957, ha lavorato come istruttrice di educazione fisica all’Università di Tel Aviv e al Wingate Institute a Netanya. Inoltre ha allenato e lavorato per la squadra nazionale israeliana di ginnastica durante gli anni Novanta.
Nel 1940 avrebbe dovuto partecipare ai Giochi Olimpici, inizialmente assegnati a Tokyo, ma in seguito allo scoppio della seconda guerra sino-giapponese furono riassegnati a Helsinki e poi cancellati di fronte alle tensioni che portarono alla Seconda guerra mondiale. Nel 1944, in Ungheria, salì al potere il Partito delle Croci Frecciate, filonazista e antisemita, guidato da Ferenc Szálasi, sotto il quale si stima che morirono 564mila ebrei ungheresi, molti dei quali finiti nei campi di sterminio; degli oltre 800mila ebrei che vivevano all’interno dei confini ungheresi nel 1941-44, si stima che siano sopravvissuti in circa 255.500. I genitori di Ágnes furono catturati e deportati ad Auschwitz, dove morì suo padre, mentre lei riuscì a salvarsi grazie a documenti falsi, nascondendosi in una piccola cittadina dell’Ungheria fino all’arrivo dell’Armata Rossa.
Una ferita dell’anima che l’ha accompagnata per tutta la vita, dedicata alla ginnastica artistica, diventando la “Regina” ungherese di questa disciplina, con quella grazia, quella forza e quell’equilibrio che l’hanno salvata nel momento più buio della storia mondiale. Dominatrice in patria, nel 1952 a Helsinki partecipa per la prima volta ai Giochi Olimpici e vince l’oro al corpo libero, l’argento nel concorso a squadre, il bronzo agli attrezzi e alle parallele asimmetriche. Ma l’exploit che ha sancito la sua grandezza mondiale le riesce quattro anni dopo a Melbourne: oro al corpo libero, trave e parallele asimmetriche; argento con gli attrezzi a squadre, nel concorso a squadre e in quello individuale; sei medaglie come l’ucraina, allora sovietica, Larisa Latynina, l’unica ad averne vinte in ogni gara del programma in due edizioni dei Giochi Olimpici.
Quelli di Melbourne si svolsero dal 22 novembre all’8 dicembre del 1956, mentre in Ungheria era scoppiata la primavera di Budapest, una sollevazione armata di stampo anti sovietico. Sollevazione soffocata nel sangue da quella stessa Armata Rossa che aveva liberato il Paese dal giogo nazista. Ágnes Keleti scelse di restare in Australia e di ricevere asilo politico, assieme ad altri 44 atleti della delegazione ungherese, e l’anno successivo di trasferirsi in Israele, ritirandosi dall’attività agonistica, e tornando continuativamente nel Paese natale solo dopo la caduta della cortina di ferro.
È stata inserita nell’International Jewish Sports Hall of Fame nel 1981, nell’Hungarian Sports Hall of Fame nel 1991 e nell’International Gymnastics Hall of Fame nel 2002. A chi le chiedeva quale fosse il segreto della sua longevità rispondeva: «Mangio molto cioccolato, molta frutta e pratico esercizio fisico ogni santo giorno, seguendo le trasmissioni di ginnastica online». È morta lo scorso 2 gennaio a pochi giorni dal 104º compleanno, dopo essere stata ricoverata per una polmonite la settimana prima. L’ultimo ‘volo’ della “Regina della ginnastica” ungherese.