Fratelli azzurri: nella foto a sinistra Paolo Garbisi e in quella a destra suo fratello Alessandro e i fratelli Lorenzo e Niccolò  Cannone (foto Getty Images)

Il Foglio sportivo

Fratelli dell'Italia del rugby

Marco Pastonesi

Inizia il Sei Nazioni 2025 con Scozia-Italia, sfida di famiglia in campo: Cannone e Garbisi contro Fagerson

Sei Nazioni, Edimburgo, Murrayfield: Italia batte Scozia 2-1. Due coppie di fratelli per gli Azzurri, i Cannone e i Garbisi, una sola per i Blue navy, i Fagerson. Come antica testimonianza storica, come tradizionale impronta familiare, il rugby è un legame sanguigno, l’Italia comincia con un piccolo ma non trascurabile vantaggio.

Niccolò e Lorenzo Cannone. Tutti e due nati a Firenze, Niccolò nel 1998, Lorenzo nel 2001. Tutti e due hanno cominciato a giocare nel Bombo Rugby. “Un insetto, una specie di ape o vespa, grossa e infaticabile – spiega Lorenzo – L’obiettivo era muoversi, giocare e divertirsi. Bombo il minirugby e le giovanili, con maglie a strisce arancioni e nere, come l’insetto, Firenze Rugby Club i seniores. Dalla loro unione è nato il Florentia Rugby”.

Tutti e due avanti, uomini di mischia: Niccolò seconda linea (1,97 per 120), Lorenzo terza centro (1,90 per 102). Tutti e due, adesso, nel Benetton di Treviso. Tutti e due nazionali titolari: Niccolò 47 presenze, Lorenzo 23. Niccolò: “A volte mi prendono anche in giro per quanto siamo attaccati noi due. Ancora oggi capita. Mi sembra quasi di essere una tata. Ma lui è sempre stato il mio fratellino, e sempre lo sarà, non posso farci niente, viviamo in simbiosi, uniti da quei primi anni lontani. Giochiamo nella stessa squadra, viviamo nella stessa casa, amiamo le stesse cose. Condividiamo passioni e tristezze. L’esempio della fratellanza perfetta. Lorenzo ha iniziato per seguire le mie orme. Io sembravo destinato a giocare a calcio, anche perché discendo da una grande dinastia di portieri. Il babbo era portiere. Lo zio era portiere. Il nonno era portiere. Ho provato il pugilato, il tennis, e persino il basket, anche se per un solo allenamento, ma era chiaro fin da subito che il mio posto fosse tra i pali”.

Lorenzo: “In realtà gli hanno fatto un piacere a tirarlo fuori dal campo da calcio. Lo avevano piazzato in porta perché era grande e grosso, pesava 110 chili a 15 anni e con quel testone che aveva non si spostava mica tanto facilmente. Io giocavo ala, e a differenza sua correvo, e avevo talento. Poi sono arrivati a scuola a farci vedere il rugby, e lui ha iniziato così, quasi per caso, perché la mischia sembrava più adatta alla sua taglia. Quando ho visto quanto era bello il rugby, dopo la sua prima partita, il lunedì successivo mi sono presentato al campo anch’io”.

Paolo e Alessandro Garbisi. Paolo nato a Venezia nel 2000, Alessandro a Mirano nel 2002, cresciuti a Martellago, dove le strade del ciclismo incrociano i campi da rugby. Tutti e due hanno cominciato a giocare nel Mogliano, tutti e due adottati dall’Accademia della Federazione rugby, tutti e due passati nel Benetton, Alessandro gioca ancora lì, Paolo è emigrato dal Petrarca in Francia, a Montpellier e Tolone. Paolo mediano di apertura (anche primo centro, 1,83 per 93, 42 presenze in Nazionale), Alessandro mediano di mischia (1,74 per 83, 13 presenze), tutti e due registi, Paolo della linea dei trequarti, i cavalieri, Alessandro del pacchetto degli avanti, i fanti. E tutti e due universitari: Paolo in Giurisprudenza, Alessandro in Economia. “Anch’io avevo cominciato con il calcio – ricorda Paolo – ma non mi piaceva. Ho provato con il rugby ed è stato amore a prima vista. Alessandro mi è venuto dietro”. “Alessandro è più forte di me – sostiene Paolo – e lo si vedrà fra poco tempo”. “Paolo è un perfezionista, responsabile e altruista – spiega Alessandro –, io l’ho sempre visto come esempio”.

E i Fagerson? Zander e Matt. Tutti e due nati a Perth, Zander (all’anagrafe Alexander James Ragnar) nel 1996, Matt (Matthew Joseph) nel 1998. Zander aveva cominciato con la mountain bike, poi forse la bici si è ribellata, e lui è passato al rugby. Matt si è indirizzato subito verso il rugby. Zander è un pilone (1,88 per 125, 70 presenze in Nazionale), Matt un terza centro (1,86 per 110). Tutti e due giocano per i Glasgow Warriors.

Fratelli di rugby, una vecchia storia. Qualcosa di ovale nel dna, molto di familiare nell’eredità. A volte anche per comodità, per fiducia, o per mancanza di alternative. Ed è così che si sono formate dinastie. Le enciclopedie riportano i fratelli Meads e Clarke neozelandesi, i fratelli Boniface e Camberabero francesi, i fratelli Francescato (tre: Lello, Bruno e Rino), Cuttitta (e a Massimo è in titolata la Cuttitta Cup, in palio ogni anno proprio fra Scozia e Italia), Dallan, Bergamasco e Pratichetti italiani, i fratelli Ella australiani, i fratelli Hastings scozzesi, i fratelli Underwood inglesi, i fratelli Kiernan irlandesi. Per non dire dei gallesi, che per tradizione sono tutti nati o almeno concepiti in un campo da rugby. La lista è infinita. Gli almanacchi riportano anche casi di gemelli, i primi furono André e Marcel Camel, francesi dello Stade Toulouse, un secolo fa, entrambi seconde linee, e più recentemente gli australiani Stewart e James Boyce, entrambi trequarti ala.

Il bello del rugby è che da qualche anno si possono contare anche coppie di fratelli e sorelle nazionali. In Italia è capitato con Federico e Valentina Ruzza. Tutti e due nati a Padova, lei nel 1992, lui nel 1994. Tutti e due hanno cominciato a giocare nel Cus Padova, tutti e due approdati nel Valsugana (lei passando dal Riviera), lei trasferita in Francia (Stade Français, e sempre con l’Italia), lui girovago (Viadana, Zebre, adesso Benetton e Italia, anche da capitano), tutti e due seconde linee. Federico: “Avevo sei anni. Un mio compagno di classe, il secondo giorno di scuola, mi ha domandato che cosa avrei fatto il pomeriggio. Niente, gli ho risposto. Allora vieni con me. E ci sono andato. A casa c’era scetticismo: non ti farai mica male, vero? Invece il rugby ha conquistato tutti. Prima me, poi mia sorella, infine mio padre, con gli Old. Mia madre si è limitata a fare tifo e lavatrici”.