Tijjani Reijnders esulta dopo il gol che ha portato in vantaggio il Milan nel derby contro l'Inter (foto LaPresse) 

Ocio però #23

Chissà se la Serie A abbandonerà il fighettismo

Giovanni Battistuzzi

Milan e Lecce sono la nemesi dei fighetti in pantaloncini: lottano, difendono, puntano sul contropiede. Alla faccia dell'estetica del calcio moderno. Finalmente

La meritocrazia è un concetto vago e sfuggente tanto quanto ciò che vediamo e percepiamo dopo aver avuto a che fare con la psilocibina. Ovunque, figurarsi nel calcio. Eppure c'è ancora chi vuole parlare di merito e tutto quello che ci va dietro parlando di calcio. Contenti loro. Di solito il merito va di pari passo con l'altro concetto vago e sfuggente (e via dicendo) di questi anni: il bel gioco. Che si possa giocare bene, risultare piacevoli alla vista, è un dato di fatto. Cosa voglia dire nello specifico però è tanto nebuloso quanto l'utilità dell'oroscopo. Fatto sta che, nel caso specifico, domenica l'Inter doveva vincere, stravincere, il derby di Milano per tanto a poco e invece ha lasciato San Siro con un pareggio contro il Milan. Perché l'Inter ha giocato bene – inchessensso? si chiederebbe Leo Nuvolone fossimo in "Un sacco bello" –, ha preso tre pali, ha schiacciato i rossoneri per non si sa quanti minuti nella sua area di rigore. Di estetica si parla ormai quasi solo in riferimento all'aspetto estetico, ma un tempo l'estetica era soprattutto filosofia, la dottrina della conoscenza sensibile. Quindi una magnifica e profonda chiacchiera. Della stessa tipologia di quelle che si fanno attorno al calcio, con la differenza che le prime qualche utilità ce le avevano, quest'ultime no. Conta il campo, anzi il risultato in campo. E il risultato è stato 1-1: il Milan in vantaggio con Tijjani Reijnders e poi tutto dietro a difendersi cercando il contropiede. Roba che non si vedeva da un bel po' in modo così schietto. Evviva la schiettezza calcistica di Sérgio Conceição che ha dimostrato che non gliene frega davvero nulla di farsi apprezzare da stampa ed esteti vari, ma solo dei tre punti. È andata benino. Ocio però che in un paese che ha abiurato il gioco difensivo e cattivo abbracciando il fighettismo calcistico spagnolo e olandese, un po' di sano, brutto, sporco e cattivo calcio alla vecchia non può fare che bene. Alla Serie A e pure al Milan colmo fino all'eccesso di fighetti in pantaloncini, ma preso per mano ora da un tipo come Strahinja Pavlović, uno che quando entra in campo ha solo un'idea in testa: fare il suo dovere e dare tutto quello che può dare per la maglia che indossa.

 


Questa è Ocio però, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sul campionato di calcio italiano, un piccolo breviario per evitare di prendere troppo sul serio la giornata di Serie A appena giocata


      

Non è il solo per fortuna in questa Serie A che forse avrà meno grandi giocatori di un tempo, ma mantiene intatta la capacità di trovare qua e là gente tosta che ancora il calcio lo gioca per davvero senza trasformarlo in una sfilata in passerella. Gente tipo Nikola Krstović, che di mestiere fa l'attaccante del Lecce e che non si dà mai per vinto per novanta minuti, corre e rincorre, che sfonderebbe i portieri a suon di tiri potenti, ma che ha l'intelligenza, quasi sempre, di capire che a calcio non si gioca da soli e che se il pallone lo puoi pretendere solo quando lo concedi. Tipo perfetto per il Lecce ora guidato da Marco Giampaolo. Anche lui un tempo tizio da filosofeggiate, ora redentosi in nome della cara vecchia ricetta del prima vendere cara la pelle, poi non prenderle, infine cercare di fare almeno un gol. Contro il Parma elogiato e applaudito tipo il Frosinone un anno fa dagli esteti, ha portato tre punti che sono un bel passo avanti verso la salvezza.

    

I tre punti del Lecce, sommati alla vittoria dell'Hellas Verona, rendono ancor più precaria la situazione di Venezia e Monza, parecchio messe male in fondo alla classifica. E ben più complesso il futuro di altre sei squadre. Ocio però che una sfida a otto per non retrocedere non è esattamente un indizio della competitività del campionato, anzi. È l'evidenza che qualcosa andrebbe fatto che non ci sono abbastanza giocatori buoni per riempire le rose delle venti squadre della Serie A. Il calcio italiano però ha riconfermato Gabriele Gravina alla guida della Figc, dalla Lega si levano tante parole e pochi fatti, ognuno cura il suo orticello sperando che i rovi che si trovano all'esterno non entrino e nulla cambia.

 

Come nulla cambia in testa alla classifica. Inter, Napoli e Atalanta hanno pareggiato (rispettivamente contro Milan, Roma e Torino), ma il distacco nei confronti delle inseguitrici è talmente alto che di passi falsi se ne possono permettere più di qualcuno prima di fare in modo che la corsa alla qualificazione per la Champions League si possa riaprire. Ocio però che la posizione di privilegio, legittimata in ventitré giornate di campionato, non vuol dire che per loro sarà più agevole il cammino europeo per i nerazzurri di Milano e Bergamo. Tutte e due si stanno rodendo il fegato a intervallo settimanale per quello che accade e non accade nei campi italiani che la possibilità di arrivare a giocarsi la Champions già stremati è alta.

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