Gabriele Gravina guiderà ancora il calcio italiano
Con il 98,7 per cento dei voti è stato rieletto per la terza volta alla presidenza della Figc: era l'unico a essersi candidato. Possibile che il calcio italiano non sappia e non voglia cambiare?
Gabriele Gravina è stato rieletto per la terza volta alla presidenza della Figc con il 98,7 per cento dei voti. Era l’unico a essersi candidato per comandare il calcio italiano in perenne crisi, ma quella percentuale fa impressione. Possibile che il calcio italiano, sempre pronto a parlare di rivoluzioni dopo una debacle della Nazionale, come era accaduto pochi mesi fa dopo l’eliminazione agli Europei contro la Svizzera, quando poi si ritrova davanti a una cabina elettorale (seppur figurata) non sappia cambiare? A dire il vero, che non sarebbe cambiato nulla, lo sapevamo da mesi, da quando nessuno aveva avuto il coraggio (o i voti) per provare ad attaccare il regno di Gabriele Gravina. Erano girate le voci più fantasiose, compresa quella di Del Piero che è stato furbo a non farsi tirare in mezzo sapendo che alla fine lo avrebbero lasciato con il cerino in mano. Adesso però il calcio intero dovrebbe farci una promessa: alla prossima crisi della Nazionale nessuno si metta ad urlare chiedendo le dimissioni di Gravina. Non sarebbe il caso dopo averlo rieletto fino al 2028 con il 98,7 per cento dei voti (nel 2021 aveva preso il 73,45). Meglio ripetere la percentuale, in caso qualcuno non l’avesse capito bene. Neppure Sabatino Aracu, il dinosauro dei dinosauri, eletto per l’undicesima volta alla presidenza della federazione italiana sport rotellistici, aveva ottenuto tanto, fermandosi al 90,46 per cento.
“È un grande onore e un grande orgoglio. Ora dobbiamo riprendere uniti, dobbiamo iniziare o continuare il nostro percorso, centrare tutti gli obiettivi di cui il calcio ha bisogno. Stamattina ho seguito gli interventi dei presidenti delle componenti, chiudo con una citazione. Henry Ford ha detto che mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo”, ha commentato Gabriele Gravina dopo la rielezione che potrebbe valergli anche la cittadinanza bulgara ad honorem. Come dargli torto? Chi voleva cacciarlo si è dissolto nel nulla anche perché i meccanismi della Federcalcio per eleggere il presidente non lasciano scampo. A votare il presidente federale sono stati 275 delegati in rappresentanza delle società di Lega Serie A, Lega Serie B, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti, di Associazione italiana calciatori, Associazione italiana allenatori e Associazione italiana arbitri, che hanno votato però secondo pesi ponderati: i 20 della Serie A pesano per il 18 per cento; i 20 della Serie B per il 6; i 57 della Lega Pro per il 12; i 99 della LND per il 34; i 52 degli atleti per il 20 e i 26 degli allenatori per il 10 per cento. Non è certo il calcio di vertice a scegliere, anche se poi in Consiglio Federale siederanno Campoccia (Udinese), Calvo (Juventus) e Marotta (Inter) per la Lega di Serie A, Carnevali (Sassuolo) per la Lega di Serie B e Sebastiani (Pescara) per la Lega Pro.
Hanno tentato in tanti a tirarlo giù, anche una vicenda giudiziaria dai toni pochi chiari, ma alla fine Gravina ha deciso di restare in sella. “Il percorso avviato nell’ottobre del 2018 va completato – aveva detto - Garantire, sotto ogni aspetto, la sostenibilità e quindi la stabilità del calcio italiano significa anche rispettare un impegno preso con me stesso e con gli altri. È un atto di responsabilità”. La gestione Gravina è quella che ha portato alla vittoria dell’Europeo 2021, al professionismo femminile e all’assegnazione dell’organizzazione di Euro 2032 (pur insieme alla Turchia), ma non vanno scordata la mancata qualificazione al Mondiale e la figuraccia della scorsa estate all’Europeo. Il futuro prevede di continuare a lottare con il Governo per la Tax Credit, per il reinvestimento di una percentuale dei proventi delle scommesse sul calcio; l’abolizione del divieto di pubblicità di giochi e scommesse riguardanti gli eventi calcistici, la legge speciale per gli stadi per supportare la realizzazione di nuove infrastrutture, il lavoro sulle seconde squadre per trovare spazio ai giovani. In parole povere: la ricerca di un calcio sostenibile dove si possa investire sul futuro senza preoccuparsi solo di sopravvivere. Il calcio ha ancora tanto da fare. Con l'obiettivo di far crescere i giovani. Adesso tra le Leghe e la Federcalcio sembra tornato il sereno. Tutti possono remare nella stessa direzione, almeno fino al prossimo ostacolo. “Se l'obiettivo della qualificazione al Mondiale 2026 è per me un peso? – ha detto - Lo vivo con la stessa ansia con la quale lo vivono gli italiani. Non voglio trasferire l'ansia in campo al mister e ai ragazzi. Vogliamo andare in America e qualificarci al Mondiale, abbiamo l'esigenza di raccogliere tutte le energie possibili per raggiungere questo risultato”. E comunque dopo una votazione simile è vietato storcere il naso. Non resta che lavorare tutti assieme. Nell'assemblea elettiva erano presenti anche il presidente della Fifa, Gianni Infantino e il numero uno della Uefa, Aleksander Ceferin. Una vicinanza significativa, ma in un verso anche preoccupante.