Il portiere del Cagliari Elia Caprile (foto di Alessandro Tocco/NurPhoto via Getty Images)

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Elia Caprile è una speranza in più

Giovanni Battistuzzi

Il portiere è arrivato a gennaio a Cagliari. In poche partite ha parato moltissimo. E ogni volta che accade la Unipol Domus esulta in preda a un’eccitazione collettiva alla quale non si è abituati quando c’è di mezzo una parata

C'è chi in porta ci va per noia, chi ci va per costrizione, Elia Caprile né l'uno né l'altro, lui c’è finito per passione. Perché Elia Caprile proprio il portiere voleva fare, solo il portiere voleva fare. Voleva tuffarsi, saltare, parare, essere l’anticalcio, l’uomo capace di spegnere l’entusiasmo di uno stadio. 

 

Il portiere è il bastian contrario del pallone, colui che ha l’ultima parola sulla gioia assoluta del gol. Perché di gol in fondo vive il calcio. Certo la finta può essere meraviglia, l’assist eccellenza, ma in fin dei conti a referto ci va il gol, solo quello conta. E il portiere di tutto questo è l’estremo nemico. L’uomo che l'unico che può mai sbagliare, quello solo e diverso da tutti. Per questo vessato, spernacchiato, deriso. Ogni tanto esaltato, ma solo quando fa molto, troppo, di più del naturalmente consentito. 

 

Elia Caprile non ha mai sognato di segnare, ha sempre preferito bloccare l’urlo nella gola dei tifosi, gelare la felicità degli attaccanti. Lo ha detto sempre, ogni volta almeno che qualcuno glielo ha chiesto. E non capita spesso che a qualcuno venga in mente di chiedere qualcosa a un portiere. Soprattutto se non sei il migliore, o tra i migliori, al mondo. 

 

"Il primo ricordo che ho è Italia-Germania. Del Piero che segna e Gigi che para qualsiasi cosa. A settembre dico ai miei che voglio vestire la numero uno come lui, ma dopo il primo allenamento torno a casa incazzato nero, quasi in lacrime. Mi avevano messo a fare il giocatore di movimento, anche perché all’inizio nessun bambino vuole giocare in porta. Dissi a mia madre ‘io lì non ci vado più’. Lei mi spronò a continuare. ‘Domani torni e dici a tutti che vuoi fare il portiere. Ok? Ok. Il mio viaggio è iniziato così”, raccontò a Francesco Pietrella per Cronache di spogliatoio

 

Il suo viaggio continua ancora. 

 

Un viaggio ondivago, mai rettilineo. Uno zigzagare pieno di parate tra città appassionate di calcio – Busto Arsizio, Bari, Empoli – prima di raggiungere Napoli, la città del padre, la squadra per la quale voleva giocare. Sognava di vestire quella maglia, lo voleva più di ogni altra cosa. L’ha vestita per quattro volte in campionato e due in Coppa Italia. Poi di nuovo valigie, un’altra destinazione: Cagliari. In prestito, ma con otto milioni potrebbe rimanere lì. Di nuovo agli ordini di Davide Nicola

 

Napoli era un sogno, Cagliari sta diventando passione. Caprile para, molto, la Unipol Domus esulta in preda a un’eccitazione collettiva alla quale non si è abituati quando c’è di mezzo una parata. In Sardegna c’è una strana passione per i portieri. Non sempre accade, ma è ricorsiva. Enrico Albertosi raccontò alla Gazzetta che “mai ho avuto affetto come nei miei anni al Cagliari. Mi sentivo un’attaccante, perché certi applausi si solito gli stadi li concedono a quelli che i gol li fanno non a quelli che li evitano”.  

 

Non fu il primo. Angelo Colombo, che difese la porta del Cagliari tra il 1960 e 1965, anni di C e di B, raccontò all’Unione Sarda: “In nessuno stadio trovai l’amore che trovai all’Amsicora. Non tanto per la squadra, ogni stadio ama i colori. Per me, per il mio ruolo. E io non ero un fenomeno, solo un onesto numero 1”. 

 

Elia Caprile è l’ultimo di una lunga serie. Con lui però si è riaccesa quella passione calcistica che si era leggermente sopita negli ultimi anni. Quella che aveva a tratti riacceso Alessio Cragno, ma mai del tutto. 

 

Elia Caprile la sta giustificando parata dopo parata, tuffo dopo tuffo. Doni dati ai tifosi, concessioni di speranza. Perché in fondo questo devono fare i portieri: dare l’illusione che non tutto sia perduto, essere una speranza aggiuntiva, una in più a cui affidarsi.

     


    

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.

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