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Foto ANSA
Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza
Il calcio e le sue rose scarlatte
“Posizionale”, "relazionali”, “risultatisti". Di fronte a una perfetta combinazione di tecnica e di tattica, rimane solo un problema: il lessico usato dagli allenatori
Guardando Fiorentina-Inter, mi è venuto in mente il dibattito francamente un po’ ridicolo che gira intorno al calcio cosiddetto “posizionale” e a quello “relazionale”. Al di là della bruttezza delle definizioni (torna a casa lessico) su cui mi soffermerò in chiusura, sono i concetti che scricchiolano. Nel “posizionale” si privilegia lo spazio, nel “relazionale” la tecnica, come se le due cose fossero in contrapposizione. Nella partita del Franchi, la Fiorentina non ha sbagliato un passaggio e nemmeno una posizione. Tutti si trovavano nelle linee di gioco di quelli dell’Inter e uno in particolare, Beltran, nei pressi del centro nevralgico delle azioni nerazzurre: Calhanoglu.
L’argentino si è messo in marcatura del turco senza fargli toccare palla, arretrando e ripartendo quando era necessario senza commettere nessun errore di costruzione. Vi è stata, nella sua prestazione, una perfetta combinazione di tecnica e di tattica, a cui Inzaghi non ha saputo opporre contromosse fuori dalle solite modalità. Vengono citati alcuni esempi di allenatori portabandiera del calcio “posizionale”, tra questi, e qui mi cadono le braccia, Rinus Michels, il grande condottiero anni Settanta di Ajax e Nazionale olandese. Michels faceva giocare le sue squadre come un branco di lupi senza casa, visto che il destro lo trovavi a sinistra, il centravanti indietro, la mezzala in difesa, il portiere all’attacco (estremizzo, nemmeno troppo) e Johan Cruijff dappertutto. Senza dimenticare la velocità di esecuzione, dovuta alla superiorità tecnica di certi suoi giocatori.
Successivamente, c’è stato chi, come Guardiola, si è divertito a prenderci in giro raccontandoci che “il centravanti è lo spazio”, solo per giustificare il predominio offensivo che Lionel Messi, in quel momento il giocatore più forte della terra, doveva giustamente avere. Adesso in quello spazio abita un ragazzone alto quasi due metri di nome Haaland. Giusto per dire quanto alle volte abbocchiamo all’amo di certe fantasiose provocazioni. Posizione e tecnica vanno insieme anche con Gasperini (nella foto LaPresse), colui che in Italia ha rigenerato il modo di giocare, ispirandosi esattamente a Rinus Michels.
Il Gasp viene inserito nella schiera dei “relazionali” solo perché attaccando si muove (come direbbe Orrico) a drappelli, cioè a gruppi che si scambiano vorticosamente il pallone con abilità di palleggio e con un ritmo proficuamente allenato in settimana, vera cifra distintiva dell’Atalanta. Ma la forza di Gasperini restano le posizioni, dal momento che quando cambia il ruolo a un giocatore, lo stesso giocatore si trasforma da serpente in angelo. Insomma la contrapposizione tra le relazioni e posizioni, non esiste, si apre e chiude senza vincitori, come tutte le battaglie inutili. Rimane aperta soltanto una questione, quella del lessico: quinti, braccetti, risultatisti e giochisti, posizionali e relazionali, sinceramente non ne possiamo più. Cambiamo le parole, amici, che il calcio è ancora più bello quando si spiega semplice, così come l’amore, quando viene accompagnato dalle sue immancabili rose scarlatte.