![](https://img-prod.ilfoglio.it/2025/02/07/115415440-db0fb8b4-3a9f-4af0-8d64-967396efb1c6.jpg)
(LaPresse)
Il Foglio sportivo
Il Parallelo che stravolse lo sci
Thöni vs. Stenmark a Ortisei per la Coppa del mondo. Stenmark vince due slalom e tre giganti, che gli fruttano le prime due coppe di specialità. Thöni si impone solo negli gli slalom di Chamonix e Sun Valley, ma sfrutta il suo eclettismo gareggiando e facendo punti anche in discesa. Il tifo da stadio arriva in pista
Alle prese con la crisi petrolifera e il terrorismo, l’Italia degli anni Settanta scopre uno sport sino ad allora limitato a montanari e ricchi che se la potevano permettere: lo sci. Guidati da un geniale e direttore tecnico, il valtellinese Mario Cotelli, la squadra azzurra era diventata la dominatrice delle prove tecniche, Slalom e Gigante, annichilendo la concorrenza di austriaci, svizzeri e francesi. A brillare è la stella di Gustav Thöni due titoli mondiali a Saint Moritz, l’oro olimpico a Sapporo e tre Coppe del mondo consecutive il fatturato di un atleta magnificamente a suo agio in pista quanto in difficoltà davanti a microfoni e taccuini.
Poche sillabe in mezzo al silenzio, naturale per chi è nato a Trafoi, poco più di 100 anime sul versante altoatesino dello Stelvio, così come per compagni con nomi e cognomi singolari per gli italiani: Erwin Stricker e Helmuth Schmalzl, Roland Thöni (cugino di Gustav) e Herbert Plank. Insieme a loro i lombardi Fausto Radici e Tino Pietrogiovanna, il valdostano Franco Bieler, i piemontesi Paolo De Chiesa e, soprattutto, il talento precoce di Piero Gros: a 18 anni prime due gare in Coppa del mondo, Gigante in Val d’Isere e Slalom a Madonna di Campiglio, e due vittorie, prima di aggiudicarsi il trofeo neanche ventenne, nel 1974. L’Italia non è la squadra più forte, è ingiocabile al punto da diventare per tutti “La valanga azzurra”: il 7 gennaio 1974 l’apoteosi con Gros, Thöni, Stricker, Schmalzl e Pietrogiovanna a occupare i primi cinque posti del Gigante di Berchtesgaden.
I successi in pista e la popolarità derivante dalla tv rendono lo sci un fenomeno di massa. Stefano Anzi e Giuliano Besson, eccellenti discesisti, ne approfittano per lanciare un’azienda di abbigliamento sportivo: ne riceveranno giusti dividendi economici, ma pagheranno con la squalifica a vita per le ipocrite regole del dilettantismo. A parte la discesa libera, dove l’unico competitivo è Herbert Plank, nessuno può ragionevolmente pensare di contrastare gli Azzurri all’inizio della stagione 1974-1975. Poi il classico battito d’ali di una farfalla che terremota tutto. Molto sopra il Circolo Polare Artico, ai 65 gradi di latitudine nord nella parte svedese della Lapponia, il 18 dicembre 1956 era venuto al mondo un certo Ingemar Stenmark. A Tarnaby il suo talento viene scoperto dall’altoatesino Ermanno Nogler, che non ci mette molto a capire che quel ragazzo dalla pelle più chiara del latte porterà la Svezia a vincere non solo nel fondo, ma anche nello sci alpino. Il debutto a 17 anni in Coppa del mondo, il primo podio nel Gigante di Voss, poi giusto un giorno prima di diventare maggiorenne, la prima vittoria nello Slalom di Madonna di Campiglio.
Qualcuno osserva che nello sci è cominciata un’altra storia, e non perché il ragazzo svedese ha l’età per votare. La Coppa del mondo sarà un affare a tre con l’austriaco Franz Klammer a dominare in Discesa libera, Stenmark a imporsi nelle prove tecniche, e la classe di Gustav Thöni con il vantaggio della polivalenza. Klammer va vicino all’en plein in Discesa, otto vittorie su nove gare: fallisce solo a Megeve, dove l’attacco di uno sci si apre poco dopo la partenza facendolo cadere. Stenmark vince due dlalom e tre giganti, che gli fruttano le prime due coppe di specialità: saranno 16 a fine carriera, record ineguagliabile. Thöni si impone solo negli gli slalom di Chamonix e Sun Valley, ma sfrutta il suo eclettismo gareggiando e facendo punti anche in discesa: sesto in Val d’Isere, quarto a Innsbruck, nono a Megeve. Il capolavoro a Kitzbuhel, la classica per eccellenza. Gli austriaci stanno già festeggiando l’ennesimo successo di Klammer, quando lo speaker comincia a gracchiare i tempi intermedi del numero 22. Gustav Thöni al traguardo sarà secondo con un distacco di tre millesimi, arrotondati per la statistica a un centesimo. Un capolavoro. Vince anche la classifica combinata con lo Slalom, sia a Kitzbuhel che a Wengen. L’austriaco, l’italiano e lo svedese si alternano al comando della classifica, poi, alla penultima gara, una discesa libera in Val Gardena, vince Klammer e accade l’impensabile. I tre si trovano con 240 punti al comando della classifica: la Coppa del Mondo sarà assegnata con uno Slalom parallelo, prova singolare in cui due atleti si sfidano su percorsi identici con il migliore che passa il turno.
Si era pensato a una prova spettacolare per chiudere la stagione, e invece sulla pista Roic di Ortisei si assegnerà il trofeo. Nessuno sceneggiatore poteva immaginare di meglio, le televisioni sono in festa: avranno ore di diretta di una prova infinita, con i migliori 32 della classifica a sfidarsi secondo la formula del tabellone tennistico. Le caratteristiche della gara, una prova tecnica, sembrano mettere fuori gioco Klammer, che però ha un vantaggio. Per il sistema del punteggio, che impone di scartare quelli delle gare peggiori, gli basterà passare due turni per vincere la Coppa.
Cominciano i giochi, e non tutti sono puliti. Helmuth Schmalzl, primo rivale di Klammer nei sedicesimi di finale, ha sci della stessa azienda dell’austriaco. Qualcuno lo avvicina, lui rifiuta la combine, non tradisce Thöni ed elimina Klammer. Restano Thöni e Stenmark. Per Ingemar lo svantaggio di giocare in trasferta: attorno alla pista si sono accalcate oltre 40.000 persone, uno stadio quasi tutto per il rivale. Ma il peggio è che, unico svedese, non ha compagni di squadra, a differenza di quanto accade a Gustav che nei quarti di finale si trova contro Pietrogiavanna. Alla partenza Tino devia subito nel tracciato del rivale (rivale?), provocando la squalifica immediata e risparmiando a Thöni, che arriva sereno al traguardo, la fatica della seconda manche. Il fairplay, quel giorno, è assai lontano dalla Val Gardena. Stenmark, nei quarti, affronta il polacco Jan Bachleda: dovrebbe essere una formalità, ma a poche porte dal traguardo scivola e pare inforcare con lo sci sinistro il paletto della porta. Passaggio regolare o no? La squalifica darebbe automaticamente la Coppa a Thöni, si richiede l’intervento della tv ma il pullman-regia sul posto non è in grado di riproporre l’immagine. Viene chiamata la sede di Roma, ma l’addetto è fuori stanza. Dopo oltre mezz’ora il verdetto: lo sci dello svedese è passato regolarmente. Seconda manche, Stenmark recupera incredibilmente i due secondi di ritardo dell’avversario, e questa volta i sospetti di combine si ribaltano sugli svedesi.
Accordi sottobanco o no, la finale è quella più attesa e più giusta. Gustav Thöni e Ingemar Stenmark si giocheranno la Coppa nello scontro diretto. Non c’è ancora l’Auditel ma è probabile che nelle prime ore del pomeriggio siano milioni gli italiani che assistono a una diretta Rai che dura dal mattino, mentre gli sciatori in montagna entrano nei bar e nei rifugi per ascoltare la telecronaca di Alberto Nicolello. Si decide tutto a tre porte dal traguardo: Stenmark, maggiormente provato rispetto al rivale, si inclina e cade. Il parallelo più famoso di sempre lo vince Thöni, che si aggiudica la sua quarta Coppa del mondo e, da signore, attende il rivale al traguardo per stringergli la mano. Un gesto elegante che segna idealmente un passaggio di consegne: il fuoriclasse di Trafoi agguanta il presente, ma il futuro è tutto dello svedese, il più grande sciatore di ogni tempo. A parte l’oro di Gros nello Slalom olimpico di Innsbruck 1976, il Parallelo della Val Gardena, nel giorno in cui la pista si trasformò in uno stadio e lo sci superò in popolarità il calcio, resterà l’ultimo acuto dell’epopea della Valanga Azzurra.