Il Foglio sportivo
L'Italia del rugby obbligata a vincere
Otto motivi per cui dobbiamo battere il Galles nel Sei Nazioni. Il gioco per potercela fare ce l’abbiamo
Secondo turno del Sei Nazioni. Oggi alle 15.15 Italia-Galles all’Olimpico e alle 17.45 Inghilterra-Francia a Twickenham, domani alle 16 Scozia-Irlanda a Murrayfield. Già si è delineata la classifica: a sfidarsi per vincerle tutte Irlanda e Francia, a lottare per vincerne almeno una Italia e Galles. Proprio questa di Roma. Una partita che vale più di una vittoria.
Ecco otto buoni motivi.
1) La classifica secondo World Rugby assegna il decimo posto all’Italia e l’undicesimo al Galles. È un complicato sistema che tiene conto di risultati, punteggi, competizioni, scarti e sedi. Al vertice delle sue prestazioni, l’Italia è stata ottava, il Galles primo. L’Italia è più regolare nel suo recente rendimento, il Galles no. L’Italia ha problemi post Covid per praticanti e tesserati, ma li ha anche il Galles, dove il gioco è stato nazionale e patriottico.
2) Italia e Galles hanno anche problemi economici. E il Sei Nazioni rappresenta, almeno per l’Italia, la maggiore fonte di introiti grazie ai diritti televisivi. La Georgia, dodicesima nelle graduatorie mondiali, reclama un posto nel torneo, o almeno la possibilità di giocarselo con l’ultima del Sei Nazioni. Ma il torneo è privato e la posizione dell’Italia non è in discussione non solo per meriti ovali, ma anche turistici: l’afflusso di sostenitori britannici e francesi a Roma, a volte vere invasioni, con o senza Giubileo, è una garanzia che Tbilisi non potrà mai offrire.
3) Dopo 25 anni di Sei Nazioni (la prima edizione nel 2000, e all’esordio, al Flaminio, riuscimmo a battere la Scozia che solo l’anno precedente aveva conquistato il Grande Slam, cioè le aveva vinte tutte e quattro, non è più il tempo delle sconfitte onorevoli, di misura, sfortunate, ostacolate da arbitraggi forse a volte un po’ troppo rispettosi di gerarchie o accenti. Il ruolo di sparring partner si è dimostrato perdente anche riducendo il numero degli spettatori su spalti e schermi.
4) “Sono il più grande – diceva Muhammad Ali – Non solo li metto ko, ma scelgo anche il round”. Non è il nostro caso. Non siamo i più grandi, non possiamo scegliere azioni e minuti in cui andare in meta, neanche con il Galles. Ma sappiamo finalmente giocare anche per vincere e non solo per partecipare, uscire a testa alta, salvare onore e pelle. Lo abbiamo mostrato al mondo giusto un anno fa costruendo il nostro migliore Sei Nazioni della storia: vittorie contro Galles (in Galles) e Scozia (a Roma) e pareggio contro la Francia (in Francia). E la squadra è ancora quella, giovane e più esperta. E l’allenatore pure.
5) L’Italia è reduce da una sconfitta contro la Scozia. Ci stava. Strano il modo in cui è maturata. Presa d’assalto fin dal calcio d’inizio e subite due mete, è rimasta in partita grazie all’indisciplina scozzese e alla precisione dei calci di Tommaso Allan (4 su 4), e quando un intercetto di Nacho Brex (con la trasformazione di Allan) ci ha regalato la parità (19 a 19), invece di allungare in attacco, abbiamo allargato la difesa e addio (31 a 19). Scozia furiosa, Italia accademica. Il Galles è reduce da una mezza disfatta contro la Francia: 43 a 0. Le ferite sul corpo guariscono prima dei dubbi, dei timori, delle responsabilità nell’anima. Francia champagne, Galles birretta.
6) Durante la settimana Azzurri e Dragoni hanno dichiarato di non volersi lasciare influenzare o sopraffare proprio dalle responsabilità. Tensioni, pressioni, peso, oneri di una partita da vincere. Segno che queste responsabilità ci sono e si sentono. Per l’Italia non è più tempo di alibi (poco tempo, tutti insieme, per preparare il match contro la Scozia). E fin dall’approccio della partita.
7) Concentrarsi sul nostro gioco: questo il mantra dell’Italia. Gonzalo Quesada, il nostro ct argentino, parla di spirito latino, cioè appassionato e appassionante. Le fondamenta ci sono: nella solidità della mischia, nella forza dei trequarti, anche nella precisione dei calciatori, nella varietà delle scelte in panchina. Nel secondo tempo la squadra può addirittura rinforzarsi. Ma l’approccio sarà decisivo. Meglio scappare che inseguire. E gli scontri fanno meno male quando si è davanti, non quando si è dietro; quando si attacca, non quando si difende.
8) L’Italia del rugby è uscita da una presidenza (Marzio Innocenti), che aveva creato scontento e litigiosità, ed è entrata in un’altra (Andrea Duodo), che predica unità e sostenibilità. Le due franchigie europee proseguono il loro percorso, anche se il loro futuro si distanzierà: Benetton più da superclub, Zebre più da squadra federale, magari nel cercare di dare continuità agli azzurri della Under 20 italiana, che ha esordito nel Sei Nazioni di categoria battendo la Scozia in Scozia 10-22. E potrebbe essere anche questo un modo per non perdere gli anni in cui le altre nazionali fanno il salto di qualità, e noi no.