Joao Felix (foto Getty Images)

la nota stonata #24

Joao Felix e l'immanenza del Calciatore portoghese

Enrico Veronese

Al Festival di Sanremo tornano i Duran Duran, negli Stati Uniti è l’ora del reaganismo spinto, allora perché non dovremmo sognare il ritorno alla Serie A migliore di sempre, quella di quarant’anni fa esatti

Dopo un turno in cui tutte le orchestre seguono lo spartito senza divagare, e il pareggio dell’Udinese a Napoli vi rientra perfettamente senza eccepire, in un contesto dove le piccole squadre fanno sempre più fatica a raggiungere la porta avversaria preme annotare la prima presenza per João Félix Sequeira con la maglia del Milan, allo stadio Castellani di Empoli. Non sarà lo sbarco di un alieno del potere di Ronaldo il Fenomeno o del suo quasi omonimo Cristiano, fresco quarantenne, di Ricardo Kakà o Andriy Shevchenko, ma le sue movenze e le modalità del suo calcio non possono che rincuorare il vecchio spettatore, pronto a tessere l’elogio della figura incarnata nel Calciatore portoghese, ove le cronache si affrettano a cogliere le sembianze di Christian Vieri nel gol dell’altrettanto esordiente Santiago Giménez.

     

Al pari di Francisco Conceição, figlio d’arte destinato a superare il padre, il Calciatore portoghese è generalmente un’ala di bassa statura, pervicacemente amante del pallone quanto in lui si rivedono coloro che giocavano per strada da bambini: João Félix è quello che volevamo essere. La partita del nuovo acquisto rossonero svela, a coloro che ancora non lo conoscessero, solo superficialmente un dribblomane intestardito a saltare l’uomo e tornare indietro; bensì un atleta che segue il proprio estro e cerca la zona di campo dove impollinare, sempre libero di folleggiar di gioia in Joya (Paulo Dybala a Venezia ha danzato sulle punte), capace di eludere ogni marcantonio piazzato lungo la sua strada e di creare la voglia, la pazzia, l’innocenza e l’allegria del calcio bambino.

    


Questa è "La nota stonata", la rubrica di Enrico Veronese sul fine settimana della Serie A, che racconta ciò che rompe e turba la narrazione del bello del nostro campionato che è sempre più distante da essere il più bello del mondo


   

L’immanenza del Calciatore portoghese era scritta tutta, si dirà, nella finale del campionato europeo Under 19 del 2018, quando la selezione lusitana aveva battuto in finale per 4-3 l’Italia di Gianluca Scamacca, Sandro Tonali, Raoul Bellanova, Nicolò Zaniolo e Davide Frattesi. In un anticipo delle maggiori future competizioni, gli ottimati azzurri si trovarono di fronte il talento straripante di Diogo Jota e Francisco Trincão, che risolsero l’incontro attraverso colpi a effetto di tecnica purissima e imprevedibilità lungo tutta la trequarti, nessuna posizione precostituita. João Félix pure bazzicava il giro di quella rappresentativa, che per quota parte non mantenne tutte le tangibili promesse: e qualche anno dopo, nei novanta minuti di Empoli, ne ha portato la luce a buon diritto.

   

Evviva il calcio che si gioca con i piedi e con la testa, non col six pack della palestra o la proterva steroidea dell’armadio coltivato in batteria, gratuita ma pagata a peso d’oro. Calciatori tutti uguali (forse perché non portoghesi), clonazioni standard dal lievito madre, il prototipo dei massicci centrali. E, altrettanto all’improvviso, una folgorazione: al Festival di Sanremo tornano i Duran Duran, negli Stati Uniti è l’ora del reaganismo spinto, allora perché non dovremmo sognare il ritorno alla Serie A migliore di sempre, quella di quarant’anni fa esatti, la copertina dell’album Panini con Platini, Sócrates, Maradona, Zico, Júnior, tra la vittoria ai Mondiali di Spagna e l’amaro in bocca di Italia ‘90?

   

Un campionato del bel gioco, di fantasisti, ali e registi illuminati, quando anche i mediani erano giocatori intelligenti, oltre che di fatica, magari stempiati, provinciali e con poca propensione allo slim fit. Con squadre che a livello internazionale competono per le idee e non aggrappandosi alla forza hruta (anche quella dei soldi), privilegiando il talento individuale e le tattiche geniali agli sguardi anonimi da fitness e rap in cuffietta, vocati a martellare sempre la stessa azione e solo quella... Make Football Great Again, che sarebbe il momento.

Di più su questi argomenti: