(Ansa)

Il Foglio sportivo

La Coppa Italia di basket è la coppa che tutti vorrebbero

Umberto Zapelloni

Le Final 8 di Torino adesso è il miglior evento del basket italiano. Attorno alle partite però c'è molto di più, dalle cene di gala al coinvolgimento delle scuole e ai giochi per i ragazzi all'interno del palazzo. La presenza di Diletta Leotta e Giusy Meloni

C’era una volta la Coppa Italia. Poi nel 2000 si decise di cambiare formula inventandosi le Final 8 con una settimana di grande basket. L’inizio, alla periferia dell’impero, non fu semplice. Prima Reggio Calabria, poi Forlì, Bologna, Avellino. Un pellegrinaggio lungo tutto la penisola cercando il pubblico giusto. Le Final 8 sono passata da Milano, Firenze, Pesaro, poi dal 2023 è tornata a Torino dove era già stata nel 2011 e 2012. E a Torino, in quello che oggi, in attesa di Milano Santa Giulia, è il miglior palazzetto italiano, quello dove la gente impazzisce per Sinner, ha trovato la formula perfetta.

Non solo basket, perché attorno alle partite c’è molto di più, dalle cene di gala con asta di memorabilia e ricavato da devolvere in beneficenza, alle donazioni per l’istituto Candiolo per ogni tiro da tre realizzato (nel tennis lo fanno con gli ace), fino al coinvolgimento delle scuole e ai giochi per i ragazzi all’interno del palazzo. La settimana delle Final 8 è ormai diventata il place to be del basket italiano e trovare tre ct azzurri, Pianigiani, Sacchetti e Pozzecco attorno al campo a godersi le partite ne è una conferma. Loro danno quell’autorevolezza all’evento che non potranno mai dare quelle manciate di influencer scosciate che si scattano selfie sotto canestro. Ma anche questo serve a creare traffico social, cosa che piace tanto ai manager di oggi. Un po’ come la scelta della madrina della finale che dopo la discesa in campo di Diletta Leotta, vedrà domani impegnato un altro volto di Dazn, Giusy Meloni. Tutto fa spettacolo.

Si potrebbe magari abbassare il volume della musica nei tempi morti, così da poter almeno parlare con il vicino, ma anche questa è ormai una tendenza dello show business e sembra impossibile farne a meno. Il basket italiano in questa settimana si sente vivo come non mai. Ci sarebbe da fare un monumento alla Lega basket e al suo presidente Umberto Gandini, invece sotto sotto c’è chi trama per farlo fuori. Le solite cose all’italiana.


A rendere speciale le Final 8 è però soprattutto quello che avviene in campo tra le migliori 8 del girone d’andata. Da quando si è tornati a Torino ha sempre vinto una Cenerentola, prima Brescia e poi Napoli. Quest’anno però basta guardare la faccia feroce di Ettore Messina per capire che potrebbe  finire diversamente, anche se Brescia, Trieste e Trento ci proveranno fino in fondo.  Il coach dell’Olimpia mercoledì sera contro la Virtus sembrava posseduto. Vinceva di 20 punti, ma gridava come se stesse giocando punto a punto la partita della vita. Va bene che sarebbe la sua decima Coppa Italia personale, ma probabilmente c’è anche altro. La Coppa Italia non è più un fastidioso impiccio di metà stagione per chi insegue scudetto ed Eurolega, è diventata un trofeo da mettere in bacheca. Sta ritrovando un valore sportivo oltre che social. Il che non guasta mai. Ed è anche per questo che l’idea delle Final 8 è piaciuta persino agli americani che si sono inventati una coppa per l’Nba in crisi di immagine e di spettatori prima che il trasferimento del secolo riaccendesse i riflettori sull’Hollywood del basket. Noi possiamo anche accontentarci di queste Final 8 che in tanti oggi vorrebbero copiare. 

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